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Gli stereotipi dell'identificazione gay
in I bisogni delle persone omosessuali, La Fenice di Babilonia, 1997

Vale la pena di passare in rassegna alcuni dei più discutibili luoghi comuni per coglierne la portata coercitiva e le conseguenze nella vita reale, poiché non si tratta di ruoli recitati su un palcoscenico, fosse pure sociale, bensì di maschere esistenziali.

a) Fashion-victims

A qualcuno sembra che “diventare omosessuali” significhi entrare a far parte di una consorteria snobistica e mondana, ostentando un atteggiamento arrogante e sprezzante. Sono quelli che hanno “la puzza sotto il naso” e che spostano sugli altri il disgusto provato per se stessi, avendo perciò bisogno di lasciare intorno a sé una scia di astanti che si sentano sporchi, brutti, inadeguati, non all'altezza, sentimenti che corrispondono al loro vissuto inconscio. D'altronde, il senso di inferiorità viene spesso trasformato nel contrario, cioè in un bisogno impietoso di superiorità.

Essere operaio e gay non è “chic”, è una contraddizione in termini, è “impossibile”, perché una credenza assai popolare dipinge gli omosessuali sempre o quasi come benestanti, essendo l'omosessualità in qualche modo “un lusso”, per alcuni curabile con il campo di lavoro (“andate a lavorare!” valeva anche per gli omosessuali).

A tale mitologia fa da contraltare il fascino provato da omosessuali di classe agiata nei confronti del “popolino”. Confinati in una inclinazione “oltre natura”, gli omosessuali tendono ad attribuire ai membri degli strati sociali inferiori istinti e condotte più “naturali”, alimentando la fantasia nostalgica di un Eden incontaminato dell'eros, fatto di virilità, spontaneità e incoscienza.

Tali stereotipi sono ancora attualissimi, nascosti tra le pieghe di concezioni più “moderne”, coesistendo a volte con altre in aperto contrasto.

 

b) Viaggiatori senza bagagli

In uno dei primi romanzi in cui la società viene etichettata anche come “eterosessuale”, il libro di Michel Tournier Le meteore, il personaggio di Alexandre incarna con chiarezza l'idea di un omosessuale quale lupo solitario, un uomo non aggiogato al carro della perpetuazione della specie. L'omosessualità è allora una “vocazione” che l'individuo deve saper riconoscere accettando un destino di solitudine. Egli deve evitare i cliché dell'omosessuale effeminato e colpevolizzato, della vittima che chiede l'aceto al proprio carnefice; al contrario, deve essere pienamente consapevole del suo fato di viaggiatore senza bagagli, un essere a parte odiato dagli altri in modo analogo ai cani alla catena rispetto ai lupi.

 

c) Eccezionalmente sensibili

La versione “romantica” dell'omosessualità ne fa un'esperienza anomala, ma capace di garantire scoperte e gioie accessibili solo a nature liberi e forti, in grado di scavalcare le convenzioni e le norme, arrivando ad una visione più piena della realtà. Per molti scrittori omosessuali l'elemento distintivo e di valore è proprio la diversità associata all'omosessualità. Chi non trae vantaggio dall'ordine costituito, proprio perché subisce le conseguenze di una posizione marginale o deviante, ha la possibilità di scorgere gli ingranaggi sociali, la grettezza del conformismo e la banalità della morale corrente, giungendo ad una consapevolezza particolare dell'umanità. In base a questo stereotipo i militanti gay si aspettano che tutti gli omosessuali abbiano un'ideologia politica di sinistra, poiché essi non possono non capire le modalità dei rapporti di potere e quindi devono stare dalla parte degli “oppressi”. Ci si attende inoltre una sensibilità e una coscienza specifiche, il che non è né scontato né garantito. Si può sfruttare l'occasione culturale di essere diversi in un dato contesto, oppure esserne schiacciati e stritolati identificandosi completamente nei marginali e perdendosi come granellini nella sabbia.

 

d) Normali o perversi

Il protagonista del romanzo di E.M.Forster Maurice costituisce, almeno in parte, una novità, perché è latore di un messaggio singolare: se diminuisce il conflitto tra individuo e società, se l'omosessuale non viene attaccato, potrebbe dimostrare di essere come tutti gli altri, nel senso di perfettamente integrabile e rispettabile. Infatti Maurice è un soggetto piuttosto mediocre e non certo il personaggio letterario tipico con tratti estetici o morali morbosi. Nella prefazione scritta nel 1960 Forster parla esplicitamente del rammarico per una società che non dà spazio a chi non vuole né corromperla né riformarla, bensì solo essere lasciato vivere in pace.

In Genet troviamo all'opposto la completa e plateale apologia della perversione, nell'intento di scongiurare la pena e la comprensione altrui. Alla devianza si aggiunge criminalità in base alla “politica del peggio”, rifiutando qualunque patteggiamento con la società e l'eventuale clemenza: non ci sono compromessi possibili.

 

e) La pazza svampita

Un altro esempio di atteggiamento difensivo è l'immagine della “pazza svampita”, che nasce dal tentativo di attenuare l'aggressività dell'ambiente assecondandone le aspettative.

L'assunzione delle stigmate diventa anche un modo di fondare un'identità di gruppo, perché la gergalità al femminile non è indirizzata solo al mondo eterosessuale. La minoranza per sopravvivere deve sviluppare un suo humour specifico, rendendo caricaturale il gioco dei ruoli e le difficoltà derivanti dalla rigida divisione tra maschi e femmine. Va detto che la modificazione dei modelli di mascolinità e femminilità trascina con sé vantaggi comportamentali per i singoli individui, e non per via delle rivendicazioni omosessuali. La maggiore autonomia della donna riduce la necessità di rigidità nella definizione della virilità, per cui l'adeguatezza di un uomo non è compromessa dal fatto che indossi una gonna o faccia la coda ai capelli (tanto è comunque “inadeguato”!).

Mattia Morretta (1997)