Psicopatologia della vita omo-sessuale
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Aidsfobia: credere nel male?
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Il meglio di un uomo.
Inefficacia e superficialità dell'informazione sanitaria mirata agli omosessuali

Sembra una barzelletta, ma c’è ancora chi crede che basti evitare l’eiaculazione “dentro” (leggi: nel retto) per proteggersi da Hiv e MTS. Visto che non si tratta soltanto di ragazzi del muretto o neo diplomati, nuove leve cresciute nell’era dell’Aids “sotto controllo”, bensì anche o per lo più di pezzi d’uomini fatti (benché non tutti d’un pezzo), cosa se ne deve dedurre?

È la siglatura del fallimento su tutti i fronti delle iniziative informative o è l’inevitabile cecità dovuta al troppo buio in cui è tenuta l’omosessualità (dal ceto intellettuale gay compreso)?

Riflettendoci, non sorprende che dei moderni messaggi “preventivi” vengano assimilati solo elementi che possano trovar agganci coi pre-giudizi e l’alone magico che circondano il sesso in genere, e ancor più quello di tipo omo.

Tale substrato spiega molte delle resistenze e della impermeabilità rispetto alle varie forme di comunicazione (faq sui siti web senza peli sulla lingua, vignette spassose, immagini dal vero, brochure con linguaggio brillante, gadget accattivanti, effetti speciali vari), che tanto interessano agli operatori sociali del settore, in gara tra loro per raggiungere il target (negli altri paesi, in Italia no perché qui i gay sono comparse mediatiche e medianiche nella querelle tra schieramenti politici).

E rende ragione pure della vera e propria arrendevolezza ipnotica verso le lusinghe del consumismo erotico. Penso, per esempio, al conflitto stridente tra il contenuto sperma pericoloso e le fantasie di ricevere o dare il liquido seminale percepito come fecondo e fertilizzante (una sorta di toccasana o cordiale della virilità).

O ancora alla maledizione del pene, cioè alla sua conversione in organo potenzialmente maledetto con l’epidemia da Hiv, dopo decenni di libera circolazione degli arnesi maschili senza passaporto oltre tutte le frontiere, in una visione orgiastica e tribale della omo-sessualità che non è mai stata veramente superata, non fosse altro perché nessuno l’ha messa in discussione.

In effetti, è più probabile che l’evitamento di certe pratiche dipenda dalla attivazione di meccanismi associativi più profondi e preesistenti, che non dalla valutazione razionale delle complicanze igienico-sanitarie. Lo sperma può apparire velenoso e veicolo di microrganismi fatali soltanto con un salto logico e simbolico di non poco conto, nell’immaginario e inconscio collettivo.

Coloro che più son disposti a recepire inviti al sesso “a secco”, non ci arrivano per ragionamento o scelta, bensì partendo da un preconcetto che fa di ogni tipo di possibile scambio intimo con esponenti del proprio sesso una scena del crimine, costellata di congiure e attentati, nonché seguita da indagini simil poliziesche e test del DNA sulle tracce biologiche…

Soprattutto quando è ambigua incerta o segnata da morbosità la cosiddetta scelta omo-sessuale, vengono riversati inconsciamente sugli atti e i partner erotici i complessi e i nodi psichici irrisolti, trasformando in negativo e minaccioso tutto ciò che si può passare/condividere con gli altri omosessuali (per altro, copie contraffatte di se stessi).

Anche il povero e di solito negletto liquor libidinis(pre-spermatico), secondo la bella ed efficace terminologia latina d’una volta, può allora venir assimilato ad emissario del maligno umore testicolare.
Naturalmente, per il medesimo motivo in parecchi non vedono l’ora di ricorrere all’aspide e prender dimora tra le serpi, nel crogiolo dell’autolesionismo e del sadomasochismo.

Dunque, le alternative sono: pescare nel torbido della fobia o della persecutorietà, che aleggiano sullo sfondo di molti comportamenti omosessuali (ben più di quel che non si creda); oppure raccogliere le figurine delle nozioni pseudo-scientifiche sulle malattie a trasmissione sessuale, per scambiarle con i compagni di merenda, visto che il diario e l’album di famiglia sono già stracolmi di concezioni e aspettative tradizionali riguardo alla vita omo-sessuale, non ci sta più niente e di fatto non vengono aperti quasi mai.

In pratica, due gruppi di affamati si dividono la torta del sesso ai confini della realtà: i fobici gay dichiarati e i praticanti rei non confessi, i primi senza panna e i secondi con panna rancida.

In linea di principio, se parlassimo di teste pensanti, si potrebbe capire la buona intenzione di salvaguardare la sostanza positiva dell’approccio con l’identità maschile propria e altrui (perché pene e sperma sono condensati del principio maschile).

Il che porterebbe, però, a meditare sullo scenario reale nel quale si sviluppa l’esperienza d’intimità, e quindi a lavorare per personalizzare le azioni e le astensioni, contestualizzandole e scegliendole.

Se si rimane sul piano irrazionale, intuitivo ed emozionale, è ben difficile gestire la contraddizione tra effettiva esposizione a patologie per le caratteristiche intrinseche dell’ambiente gay (che stravolge e rende dannoso perfino il poco o minimo sesso agito, in quanto ne fa un prodotto industriale o da banco) e percorso di valorizzazione della bontà dello scambio fisico/affettivo tra persone dello stesso sesso (quell’abbandono alla forza, alla generosità e al tepore della virilità liberata dall’obbligo della guerra reciproca).

Quando si prescinde dal singolo e dall’attualità, sorvolando dall’alto dei secoli epoche e generazioni, tutti i maschi son chiamati uniformemente membri del sesso maschile, anelli della catena il cui segno distintivo fondamentale è il possesso di quella virgola di carne.

Eppure, i genitali maschili e il liquido seminale sono messaggeri di significato e ricchezza, se correlati agli esseri che ne sono portatori o cui “appartengono”, non come elementi a parte, avulsi da corporeità e sentimenti; divorati a mo’ di rognoni e salsicce, magari in dosi massicce, non possono che nuocere, infezioni veneree a parte.

Il pene e i testicoli sono gioielli, se estensioni/prolungamenti di un uomo e non propaggini di un’ombra. In fondo, sarebbe giusto non poter vendere e comprare di contrabbando la mercanzia, i frutti deliziosi e le spezie pregiate, o pagare il pizzo ai gestori di locali con labirinti e sgabuzzini infestati da mostri.

L’organo per eccellenza andrebbe offerto e ricevuto a testa alta, se non nei templi dell’amore, rendendo onore al merito e tanto di cappello, non esponendolo alla svalutazione con speculazioni e manovre finanziarie ad altissimo rischio.

Analogamente alle altre parti del corpo (le mani, gli occhi, la bocca), le pudenda dicono qualcosa, evocano e provocano interpretazioni e letture subconsce, talora apparendo in contrasto con l’aspetto generale e il temperamento dell’individuo.

Tuttavia, se le diverse tipologie di falli sembrano personalità a se stanti, è la persona presente e partecipe che può far parlare (anche senza parole) ed eventualmente svelare le verità della sessualità maschile.

In caso contrario si ha sì a che fare con un centro gravitazionale e col magnetismo biopsichico, ma non ne possono derivare gioia e ben-essere, piuttosto ossessione e possessione.

I circuiti commerciali offrono perciò al massimo il collezionismo di francobolli annullati e deprezzati, mediante la proposta/imposizione dello sfruttamento anonimo e brutale del mezzo; il che, oltre a rendere ardua impresa la tutela della salute, rende i partner e le zone corporee dei vuoti a perdere vanificando tutto il presunto piacere del vantato illimitato godimento del bene materiale più caro ai gay.

Ciò conduce a riproporre la fatidica domanda: chi è l’omosessuale? Chi apprezza il trifoglio pubico in sé e per sé o colui che è attratto dai soggetti con uguale anatomia? A parte il fatto che è tutto il corpo maschile a suscitare sogni ad occhi aperti e a meritare ammirazione, dissociando i pezzi forti cosa rimane della loro essenza e qualità?

Lo sperma è infatti pure liquido sgradevole o dis-gustoso, il pene un’appendice imbarazzante, frustrante o patetica: la loro “bellezza” dipende dall’occhio eccitato o riverente, dalla fantasia sulla potenza (virtuosa o viziosa) o dal rispetto cosciente del loro valore.

Il fallo a riposo o eretto è un’immagine quasi drammatica della caducità dell’esistenza, intriso com’è di instabilità, vulnerabilità e debilità funzionale (costante e rapida successione di calore, turgore, flaccidità, fiume in piena e in secca nel corso delle brevi stagioni della vita).

Quel che altrimenti è di fatto un impianto idraulico e la terminazione dell’apparato escretorio può trasformarsi in bacchetta magica e linfa vitale, a patto che gli uomini che fanno uso dello strumento vi immettano energia originale (autentica e pulita), e possibilmente volontà di trasmettere, comunicare, creare. Il maître de plaisir, in definitiva, ha bisogno dell’anima e del possesso delle facoltà mentali.

Or dunque, non sprechiamo tempo nell’approntare o memorizzare vademecum sulle pratiche a rischio, e dedichiamoci a decifrare la lingua sconosciuta dell’omosessualità, da soli o in buona compagnia, se vogliamo farne la degna espressione del nostro desiderio e sentirci a casa nel nostro sesso.

Più che optare per il bird watching, si tratta di imparare a contemplare.

Mattia Morretta (febbraio 2008)