La relazione con le persone sieropositive, 1993
6 Ottobre 2014
Il sostegno alle persone con Hiv, 1995
6 Ottobre 2014

Le lingue dell’Aids
Traduzioni di testi sul sostegno
Quaderno di documentazione n. 6, Centro Operativo Aids, Comune di Milano, giugno 1995

"Vedi bene che altro non sono se non un esecutore, mi limito a tradurre. Ma non si traduce che il proprio turbamento: parliamo sempre soltanto di noi”
(M. Yourcenar, Alexis o il trattato della lotta vana, 1929)

I primi anni dell’epidemia da Hiv in Italia sono stati caratterizzati ora dall’oscurità dell’indifferenza generale, ora dai bagliori dei falò degli esorcismi di massa contro il “nuovo” male.
In quel periodo chi ha lavorato nell’area sociale (ma anche nei luoghi di cura) ha dovuto fare i conti con la mancanza di validi modelli di riferimento per la comprensione del fenomeno nella sua complessità.

All’urgenza della mobilitazione nei casi più fortunati si è affiancata la creazione di spazi di riflessione per realizzare una ricerca culturale sull’Aids come condizione esistenziale.
Si è trattato di fatto di un processo di alfabetizzazione per giungere a poter elaborare un linguaggio ed un pensiero originali e autentici, sulla base di un costante confronto con il patrimonio di storia e esperienza di coloro che ci avevano preceduto (in Europa e nel Nord-America) nell’opera di contenimento e convivenza.

L’Aids pareva allora una malattia molto “americana” per un paese come il nostro, così provinciale dal punto di vista del costume e al contempo più ambiguo e meno incline al serio fanatismo.

In qualche modo l’Aids sembrava gravato da un carico spropositato di valenze antropologiche rispetto ad un contesto come quello italiano in cui la dis-organizzazione e la dis-omogeneità delle prestazioni sanitarie sul territorio obbligavano all’obiettivo minimale di garantire l’assistenza materiale alle persone malate, facendo apparire pretenziosa ogni altra richiesta o esigenza.

Nel vuoto comunicativo della superstizione verbale prima e della medicalizzazione poi, è stato fondamentale e salutare poter attingere alla fonte delle Organizzazioni Non Governative di altri paesi.

Libri e opuscoli in lingua inglese e francese aprivano orizzonti, lasciavano intravedere la “salvezza”, insegnavano a sopravvivere. Era una lingua fatta di parole guidate dalla ferma volontà di comunicare e aiutare a capire, articolata per sostenere il cammino di adattamento, organizzata in testi capaci di promuovere la dignità umana dei malati.

Una piccola parte viene presentata in questo Quaderno di Documentazione, che propone una serie di traduzioni con adattamento di pubblicazioni straniere degli anni 1986 e 1987 nell’ambito del lavoro svolto per l’ASA di Milano in quell’epoca. Esso rappresenta un tributo ai compagni di viaggio ideali e lontani del volontariato Aids in Italia nell’era pioneristica.

D’altronde, per gli italiani l’Aids è ancora un fenomeno considerato “estraneo” al corpo sociale. Personaggi, persone di grande valore e gente comune si sono esposti in vita e in morte, in quelle che sono ritenute più propriamente “patrie” dell’Aids. Storie e vicende tragiche o gloriose hanno riempito dall’estero lo spazio italiano quasi sempre vuoto di una malattia connotata da desolazione più che altrove.

L’augurio è che impariamo sull’esempio straniero a tutelare e promuovere la nostra umanità.

Mattia Morretta (1995)