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Le sirene di Levante
Provincia di Genova

L’ultima spiaggia verso Nord, superato l’abitato di Chiavari e il camping con litorale sassoso, è regno di avventurosi lupi di mare o di irriducibili solitari, tutti alla ricerca di un angolo di mondo lontano da occhi indiscreti.

La scogliera vera e propria si può raggiungere con acrobatiche arrampicate e volteggi sui massi, oppure attraverso una vecchia galleria ferroviaria, il cui cancello d’ingresso dovrebbe essere ermeticamente chiuso e invece rivela sorprendenti proprietà magiche di apertura in certe ore del giorno.

Sul ripido crinale, dall’inizio della primavera all’autunno inoltrato, si possono notare sirene stagionate e qualche sirenetta di prima squama, visibili nelle giornate limpide persino dalle spiagge vere e proprie della cittadina.

Fungono da inequivocabili indicatori di rotta per coloro che sono senza bussola e cercano un porto ove ancorare la barca della trasgressione e vincere la noia della monotona provincia ligure.

Il loro canto è impercettibile e poco invitante, ma fanno parte del panorama e in qualche modo garantiscono che l’accesso è consentito nonché privo di pericoli imminenti.

In effetti, è proprio l’ambiente al confine tra terra e mare, con le sue grotte, le rocce, il contatto diretto e profondo con gli elementi e le forze della natura a dare riparo, conforto, appartenenza a chi non trova posto o cittadinanza per la propria sessualità nel mondo comune dei legami tradizionali.

Quel che di sessuale vi ha luogo conserva sempre qualche traccia di un’atmosfera rituale, arcaica e misteriosa, in cui ha un ruolo rilevante l’omaggio a divinità o presenze marine.

Lungo il percorso via terra, tra gli alberi e gli arbusti, si fermano o si aggirano quelli che non son venuti per godere dell’azzurrità, della luce solare o della brezza salata, i più pragmatici e sbrigativi, oscuri e colpevoli.

A livello dell’insenatura della costa non mancano cariatidi brunite, rigorosamente in costume adamitico, alcune dedite a costruzioni di pietra per trovarvi riparo nelle lunghe permanenze, diresti che sono state abbandonate in loco da vascelli di pirati secoli or sono.

A volte ci si aggira qualche extra-comunitario, incuriosito dal movimento e attratto dalla prospettiva di trovarvi donne nude o coppiette complici.
Proprio sotto la galleria c’è l’area più riservata, nella quale è più probabile lo scambio o il contatto.

Il silenzio è rotto di rado, il dialetto si mescola all’italiano per pochi convenevoli o commenti sul tempo, gli sguardi dicono quel che le parole tacciono, nel tentativo di mantenere una dimensione di naturalezza e casualità, come se davvero i presenti fossero arrivati fin lì ignari e senza aspettative. È il mare che rende tutto diverso e in fondo tutti innocenti perché uguali dinanzi al fato.

Un signore di sessant’anni racconta del campo che coltiva da decenni, in una casa di campagna nell’entroterra, non è mai stato in città e non ha amici o frequentazioni, rari incontri occasionali, gli piacerebbe portare a casa un bel giovanotto serio, ma i rischi son tanti e poi dove sono oramai quelli affidabili?

C’è il bel moro, classico tipo abbronzato e nudo tutto l’anno, che si mette in mostra e tenta con tutti i nuovi arrivati giunti nel suo territorio, in un anfratto fra le rocce. È sfacciato e subito pronto nei giochi di mano, però non ha pazienza e si stanca presto se la preda non abbocca.

Ci sono i passeggiatori indefessi a rischio di crollo e frattura, a zonzo per tutto il giorno, da una parte all’altra della galleria, ogni tanto scompaiono poi riappaiono con aria indifferente o scaltra.

Un ragazzo poco più che ventenne si avventura sulle alture, si interessa all’orizzonte, cerca una collocazione, quindi si denuda con inattesa disinvoltura. Sarà braccato per tutta la durata del suo soggiorno dagli attenti custodi di Nettuno.

Un uomo di quarant’anni confessa di venirci quasi tutti i giorni, nel tardo pomeriggio dopo aver lasciato l’ufficio pubblico in cui lavora; sistema la bicicletta o il motorino vicino al camping, porta con sé un libro, benché poi lo sfogli poco, non si spoglia mai, persino d’estate, e indossa abiti adatti alle circostanze, da poter sporcare o gualcire.

Vive con i genitori, che “non sanno”, come tutti gli amici abituali del resto. È facilitato nel silenzio sulla sua vita intima dal contesto religioso in cui si muove da sempre, praticamente nessuno fa domande, l’affidabilità sociale e la credibilità professionale sono più che sufficienti per sentirsi integrati e normali.

Ha avuto una storia tempo fa, durata alcuni mesi e troncata perché incompatibile con la vita di tutti i giorni (come giustificare un’amicizia preferenziale e assidua con un uomo più giovane?). I suoi bisogni sono elementari, quel che conta è restare nel tessuto comunitario, evitando di differenziarsi e di chiedere troppo.

Perciò è logico dal suo punto di vista cogliere rare occasioni al volo, compiere gesti minimi, manipolazioni da adolescenti, raggiungere orgasmi subitanei dopo intese lampo.

L’uomo istruito e impegnato, forte di appartenenze ideologiche e di principi religiosi, diviene nella sfera sessuale un ragazzino immaturo e fermo all’autoerotismo, da solo o in temporanea compagnia. Non c’è esigenza di intimità con un altro uomo, l’affettività tra adulti è inconcepibile e ancor più la relazione continuativa.

Nessun rimpianto o rimorso circa i rapporti mancati, niente a che spartire con i gay di città dediti ai locali né con quelli di paese in versione naturista, l’omosessualità per lui è un attimo di emozione su uno scoglio, come un’onda più alta che porta l’acqua a due passi o bagna i piedi nudi, lasciando spesso un senso di amaro per via del sale.

Ed ecco, è ora di tornare a casa, non troppo tardi per non far preoccupare mamma e papà.

Mattia Morretta (2007)