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I drammi di Narciso

Narra la leggenda che Narciso fosse un giovinetto bellissimo: il suo fascino era tale da farlo amare da numerose ninfe, che tuttavia lo lasciavano del tutto indifferente. Un giorno, vedendo la propria immagine riflessa nell’acqua di un ruscello, se ne innamorò al punto da lasciarsi morire per l’impossibilità di afferrare il volto che gli ispirava una così profonda passione.

Riallacciandosi al personaggio mitologico, Sigmund Freud ha usato il termine “narcisismo” (coniato dallo studioso P. Nacke per designare una sindrome, già descritta dallo psicologo inglese Havelock Ellis, caratterizzata dal fatto di provare emozione sessuale verso se stessi) per definire uno stadio primitivo dello sviluppo sessuale, in cui l’istinto sessuale (la libido) viene rivolto sul soggetto stesso anziché su un’altra persona.

Di conseguenza Freud ha messo in rilievo come il narcisismo (ovviamente, nelle sue manifestazioni non patologiche) non sia una deviazione sessuale, bensì una componente libidica propria di ogni essere umano e anche uno dei modi tipici in cui gli uomini attuano le loro scelte amorose (cercare se stessi nel partner).

D’altra parte, il narcisismo costituisce un dato piuttosto caratteristico di determinate personalità e si manifesta in maniera diversa nei due sessi. Nella donna, in particolare, il narcisismo originario subirebbe un incremento dopo la pubertà, conferendole quell’alone di autosufficienza e inaccessibilità che costituisce la base del fascino esercitato sul maschio. Più che amare solo se stessa, però, la donna desidererebbe essere amata e desiderata; cercherebbe cioè di compensare in questo modo il senso di incompiutezza e di “mancanza” con cui è costretta a percepirsi sin dall’infanzia
Il narcisismo delle donne” dice lo psicoanalista Filippo di Forti “è più precario di quello dell’uomo, è in funzione dell’altro. Nell’uomo c’è, invece, autosufficienza, la civetteria diviene arroganza, autoritarismo.”

La donna, infatti, si permette di amare se stessa solo se un uomo la trova degna di amore e lavora duramente per produrre nell’uomo quel processo di idealizzazione che la riscatti dalla sua inferiorità e la confermi nell’identità. Ella ha un bisogno divorante di approvazione maschile, perciò usa spesso il corpo e il sesso come armi per provocare e conquistare l’uomo.

Se si osserva lo sfruttamento dell’immagine femminile da parte di pubblicità e mass media, si constata come le donne (a dispetto di ogni emancipazione) siano indotte a viversi fondamentalmente quali oggetti erotici, al punto che poi nell’atto sessuale esse si appagano identificandosi con l’uomo le che possiede.

Il vantato narcisismo femminile è perciò in gran parte espressione di una lotta estenuante per raggiungere una valorizzazione che non basta mai. Non c’è donna, per quanto bella e perfetta, che non avverta un senso di incompletezza e di inadeguatezza e talora pure una sensazione di “falsità”.

È interessante il fatto che oggigiorno anche il corpo maschile subisce una utilizzazione in chiave di oggetto erotico, stimolando nel maschio un narcisismo che pesca nell’insicurezza e nella instabilità emotiva: la parità fra i sessi viene raggiunta, ironicamente, proprio nel campo della crisi d’identità.

Del resto, un’impostazione narcisistica delle relazioni sessuali traspare dalla tendenza diffusa a considerare il sesso come mezzo di ostentazione e glorificazione. Il partner serve a confermare il proprio Io, ad aumentare il prestigio sociale e il senso di sé. Così pure, in generale, è tipico il fatto di avere una vita sociale accanita e ricca, senza avere in realtà niente a che fare con nessuno.

Ci si attende di essere amati e desiderati, ci si agita in continuazione per cercare di essere al tempo stesso unici e conformi alla moda, la seduzione si insinua ovunque; eppure non c’è niente di concreto o di personale. La forma e l’apparenza dominano.

Se è vero che la società tende a sfruttare e stimolare un certo narcisismo a livello collettivo, è anche vero che alcune persone manifestano tratti caratteriali specifici che fanno parlare di “carattere narcisistico” e, in alcuni casi, di “disturbo narcisistico”. Si tratta di individui che hanno una esagerata considerazione di se stessi e ricercano costantemente ammirazione e attenzione.

Si comportano in modo tale da sfruttare gli altri per aumentare la propria importanza e indulgere ai propri desideri, non tenendo in considerazione i bisogni e i diritti altrui. Essi sviluppano fantasie irrealistiche di potere, denaro, successo, bellezza o amore ideale, diventando vittime di ambizioni che non possono essere soddisfatte.

Del resto, è tipico che il senso di importanza si alterni con sentimenti di depressione e svalutazione, perché l’atteggiamento di superiorità da essi esibito nasconde una profonda insicurezza e una autostima precaria.

Lo psicoanalista Alexander Lowen rileva che “i narcisisti sono molto più preoccupati di come sembrano che non di ciò che sentono; anzi, negano le emozioni che contraddicono la loro immagine di sé”. I loro rapporti affettivi e sessuali possono sembrare molto intensi e soddisfacenti, ma in realtà sono spesso privi di piacere e piuttosto freddi, in quanto essi sono incapaci di capire i sentimenti altrui.

Percependo l’altro come estensione di se stesso, il narcisista non riesce a riconoscere e verificare i sentimenti altrui, crede che quel che prova lui debba provarlo chiunque e reagisce con fastidio quando l’altro non corrisponde alle sue aspettative. I rapporti interpersonali sono perciò incostanti, passando dalla idealizzazione estrema alla svalutazione, dalla adorazione al disprezzo.

Nel bisogno di salvaguardare la propria immagine, il narcisista si preoccupa sia dell’aspetto esteriore sia di allontanare ogni sospetto di debolezza e fragilità. Si presenta sicuro di sé, a volte arrogante e a volte riservato, ma in verità è ossessionato dal giudizio altrui e dal consenso sociale. Anche nel rapporto affettivo egli tende ad utilizzare il partner per mettersi in evidenza, un po’ come si fa con l’auto nuova o il prato ben rasato di fronte ai vicini.

Nel caso della donna, a una condotta in apparenza spregiudicata dal punto di vista sessuale fa da contraltare una franca frigidità, per l’incapacità di abbandonarsi alla tenerezza e al piacere. A dispetto dell’immagine da donna-oggetto che molte volte ella propone, nel momento in cui il partner la prende in parola si risente e si rifiuta. Può arrivare a fingere l’orgasmo per darsi e dare l’illusione della voluttà, il che non fa che renderle più difficile l’abbandono.

A sua volta, l’uomo con una personalità narcisistica fatica a intrattenere un rapporto profondo e autentico con la donna, poiché cerca in ogni partner femminile una conferma del proprio fascino e del proprio potere erotico.

Egli può anche diventare un buon conoscitore di tecniche amatorie e di arte seduttiva, usando l’astuzia per arrivare a garantirsi comunque il successo e l’ammirazione, Non ha vero interesse per il corpo femminile, ma ci tiene a dimostrare che è bravo e sa fare godere la donna, pur restando lui stesso il vero riferimento di ogni gesto sessuale. Il problema di fondo resta in ogni caso l’incapacità di lasciarsi coinvolgere emotivamente in un rapporto affettivo paritario e reciproco.

Wilhelm Reich ha tracciato il profilo di un particolare carattere “fallico-narcisistico”, prevalente nel sesso maschile. Si tratta di uomini molto spesso ambiti dalle donne come oggetti sessuali, perché sviluppano esteriormente in forma pura tutte le caratteristiche della virilità. Essi accompagnano questa capacità di attrazione erotica con una condotta per lo più promiscua e con la tendenza a infliggere delusioni al partner.
Reich ritiene che l’Io di questi soggetti sia complessivamente identificato col fallo, di modo che si realizza una sorta di ostentazione dell’Io. In pratica, il maschio sarebbe rimasto fissato a quella fase dello sviluppo libidico che è dominata dall’atteggiamento di orgoglio e consapevolezza del proprio membro.

L’oggetto sessuale viene conquistato con l’esibizione fallica, riproponendo la situazione infantile in cui l’individuo aveva subìto una forte frustrazione a opera dei genitori. Il maschio si difenderebbe dalle inclinazioni anali e passivo-omosessuali esagerando le sue caratteristiche falliche e la sua aggressività, sottolineando cioè orgogliosamente la virilità.

È usuale che in questi uomini la potenza erettiva sia molto ben sviluppata, al contrario di quella orgasmica, perché il pene diventa una specie di strumento di vendetta e di affermazione. Essi, come dice Reich, “continuano a cercare inconsciamente di dimostrare alle donne quanto sono potenti; contemporaneamente, l’atto significa anche una perforazione o una distruzione, più superficialmente una umiliazione della donna”.
Anche in questo caso, dunque, il vero problema resta quello dell’amore e del rispetto.

L’uomo fallico ha bisogno di considerarsi straordinario, ma dipende smisuratamente dall’ammirazione altrui e fa dipendere l’autostima da qualità che possono venire a mancargli. La grandiosità viene infatti utilizzata come una droga per difendersi dalla sensazione di vuoto interiore e dalla depressione che sta in agguato dietro l’apparente savoir faire.

La personalità narcisistica organizza l’esistenza attorno ad un falso Sé che gli impedisce sia di amare gli altri sia di amare davvero se stesso. Infatti l’adulazione e il consenso che riscuote riguardano l’immagine e le prestazioni, non la persona, che si perde nel tentativo di guadagnare un amore senza spessore. Il narcisista è talmente preoccupato della propria immagine idealizzata, da perdere di vista i propri veri sentimenti e il vero Sé. Ciò in genere non blocca lo sviluppo delle facoltà intellettuali, ma impedisce il dispiegarsi di una vita affettiva autentica.

Secondo la psicoanalista Alice Miller il narcisismo non è una malattia ma un dramma: il dramma di chi non ha potuto soddisfare nell’infanzia un sano narcisismo, per l’indisponibilità dei familiari, e che perciò continua per tutta la vita a cercare invano lo specchio che gli è mancato al momento giusto.

Quel che il narcisista desidera è trovare qualcuno che si interessi a lui, che lo comprenda e lo prenda sul serio. Fin da piccolo però ha imparato a rinunciare alla propria vera personalità per adattarsi alle esigenze dei genitori, perciò finisce per restare prigioniero di una immagine di sé idealizzata e cristallizzata, dietro la quale egli stesso non sa più cosa vi sia.

Mattia Morretta
Testo originale nel Fascicolo n. 85, Enciclopedia sessuologica Amare, Fabbri Editori, 1987