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La profilassi invertita
Medicalizzare i gay per prevenire l'Hiv

Nonostante i vantati successi dell’apparato propagandistico lgbt, l’associazione tra omosessualità e malattia è tuttora automatica, ha solo cambiato registro e specialità medica.

Intanto che l’OMS propugnava l’abbattimento delle “barriere omofobiche”, considerate concausa della diffusione dell’Hiv (venti volte più probabile nel contesto omosessuale!), si è arrivati gradualmente alla terapia antiretrovirale "venduta" come prevenzione, addirittura quale favore per i maschi che fanno sesso con maschi, in assenza di reazioni critiche da parte dei gruppi gay.

Le case farmaceutiche hanno tutto l’interesse a rendere l’educazione sociale marginale o irrilevante, con l’alibi della refrattarietà del target a mutamenti di condotta e invocando l’esigenza di ridurre i costi della patologia conclamata per la collettività.

Il risultato è la ri-medicalizzazione degli omosessuali, una volta di più malati del sesso e di sesso, votati al rischio sempre e comunque, quindi da sottoporre a trattamento a vita. Si simula il rispetto dei praticanti omosessuali dando loro la cittadinanza onoraria, poi li si assimila alle truppe militari in periodo bellico in profilassi antivenerea d’ufficio.

A breve si somministreranno a legioni di soldatini gay antiretrovirali per decenni, sul modello delle metropoli USA, ove il preservativo per il coito anale non è più di moda, la tribù predilige la PPE e la PREP, il lifting farmacologico pre e post factum, rifarsi di continuo il trucco e correggere con la chimica i difetti fisici, in fondo è un set cinematografico (porno, ma con la coppia in cartellone).

Con l’alibi di “preservarli” dall’Hiv (prescindendo dalle altre malattie veneree, che possono essere contratte a iosa in quanto curabili a basso costo e al dettaglio) e di conservarne la salute residua, si incatenano gli omosessuali ad abitudini malsane rendendoli di fatto farmaco-dipendenti, oltre a tatuarli con l’acronimo del virus di categoria mentre si nega in pubblico l’esistenza di categorie a rischio.

Li si tiene vivi più a lungo uccidendoli moralmente e spiritualmente, confinati in riserve vigilate da medici senza frontiere, interessati solo al loro ruolo e indifferenti allo svilimento delle persone omosessuali, con il consenso delle ONG (destinatarie del cinque per mille), che pure dichiarano alla stampa la fede nel “sesso sicuro sempre”, il politicamente corretto del retto.

Un caso esemplare è la comparsa episodica di meningite fulminante in ambienti gay, specie in occasione di raduni e assembramenti (compresi gay pride). In Italia nella circostanza ci si rivolge a tutti genericamente con la scusa di non etichettare e si rinuncia a qualsivoglia intervento educativo, così gli eventuali morti non possono venir imputati né alle istituzioni né ai mercanti gay.

Intanto che la sifilide resta una medaglia al valor sessuale per i maschi omo, è una pantomima la vicenda dell’epidemia di epatite A tra gay nei grandi centri urbani, annunciata oltre un decennio fa nella penisola iberica all’avanguardia nel settore. Da noi vengono scoperte a “posteriori” le percentuali bulgare, invitando a vaccinare gratuitamente i più esposti per abitudini e attitudini, per altro in carenza di vaccini. E Arcigay e ONG a suonare la trombetta simulando raccapriccio per la diffusione dell’itterizia tra i membri arcobaleno, soprassedendo sui comportamenti e soprattutto sui locali di consumo, essendo in effetti a loro volta parti del problema e non della soluzione.

Ancora più eclatante la questione dell’Hiv, perché, se fa notizia il caso del giovane untore seriale eterosessuale, passa sotto silenzio ed è accettato come “normale” che per i gay sia la regola lo scambio della figurina avvelenata con l’Hiv. Sono le stesse Associazioni a imporre l’omertà e mettere a tacere, senza per altro lavare i panni sporchi tra parenti stretti.

Se anche gli studenti gay delle Università Unite contro l’Hiv promuovono il sesso cum laude o chiamano love l’atto sessuale col condom, non restano che gli scongiuri per tener lontano il male.

Mattia Morretta (ottobre 2017)