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Il sesso in linea
Testo originale nel Fascicolo n. 67, 1987, Enciclopedia Amare, Fabbri Editori

Nella civiltà delle tele-comunicazioni il sesso passa ormai anche via cavo, diventa “sesso telefonico”.
Come tutte le “tendenze”, anche questa viene dall’America, ma forse non è una novità perché se ne potrebbe individuare un lontano progenitore, un precedente “sacro”, nel confessionale di un tempo.

L’associazione è fortemente suggestiva: quel comunicare a bassa voce i peccati della carne attraverso la barriera forata, a qualcuno che ascolta e non si vede, assomiglia in effetti al sussurrare nella cornetta frasi erotiche rivolte ad un invisibile interlocutore.
Del resto, in fatto di sesso non c’è nulla di assolutamente nuovo, se mai si rinnovano i suoi veicoli e strumenti.

Il fenomeno del sesso per telefono presenta molte sfaccettature. Ad un primo livello troviamo l’uso domestico del mezzo per esprimere il proprio desiderio al partner temporaneamente irraggiungibile oppure per stuzzicare l’appetito prima di un incontro; frasi tenere o audaci aiutano a sentire l’altro più vicino, magari al momento di coricarsi o in un frangente di più acuto bisogno di contatto fisico.

Nessuno ci proibisce, d’altronde, nel privato della nostra casa, di procurarci piacere favorendo la stessa cosa nell’amante all’altro capo del telefono. La fantasia corre, la voce del partner e le sue parole passionali aumentano la gratificazione anche di un atto solitario, personificando colui che è distante.

Una manifestazione più impersonale di tale forma di erotismo si verifica in situazioni in cui, casualmente, mentre si parla al telefono con qualcuno che non si conosce, per affari o lavoro o semplicemente per sbaglio, ci si sente colpiti dalla voce altrui e per un po’ si fantastica sul suo aspetto fisico.

Esiste poi il caso del famigerato “maniaco”, quasi un luogo comune. La ignara vittima solleva la cornetta e viene investita da sospiri, epiteti lascivi, interrogazioni ardite e descrizioni particolareggiate dell’anatomia.
L’intimità violata mette in imbarazzo perché coglie impreparati di fronte a una circostanza tanto poco convenzionale: una voce estranea nelle orecchie che tenta di insinuarsi nelle pieghe della mente, a meno che non si reagisca subito con l’interruzione della comunicazione.

Chi subisce è portato a credere che il desiderio sessuale manifestato in maniera tanto esplicita lo riguardi direttamente, molte volte a torto. Non sempre chi ansima spasima proprio per noi, perché per lo più non ci conosce affatto e ha composto il numero a caso. Ciò che lo eccita è appunto il carattere “aggressivo” del suo gesto, l’invasione improvvisa della vita privata di un estraneo. Il ricevente è chiamato in causa in modo personale, ma chi chiama è protetto dall’anonimato.

Grazie alla non identificabilità il telefonista selvaggio la fa da padrone. Si realizza una sorta di esibizionismo vocale, che si nutre del cogliere di sorpresa e dell’aver qualcosa da far sentire. Non sorprende perciò che riguardi principalmente il sesso maschile. Nascondendosi dietro la “maschera” dell’apparecchio telefonico l’esibizionista vocale sostituisce al membro virile la voce e all’occhio della vittima l’orecchio.

Da tutto ciò al vero e proprio pornotelefono il passo è breve. Il suo successo negli ultimi anni è stato notevole, specie all’estero. In Italia abbiamo assistito a tentativi di “telefono sexy organizzato”, con tanto di canone speciale, bloccati da interventi giudiziari. In pratica, ciò che prima era lasciato al caso è stato trasformato in un servizio efficiente, secondo la logica commerciale di soddisfare qualunque domanda sfruttabile economicamente.

La pubblicità del telefono sexy fa sapere che, se si vuole, si può chiamare il tal numero ed esser liberi di godere, aiutati nel compito da esperti addetti, massima riservatezza, nessuna complicazione. L’utente non ha una rispettabilità da difendere, può lasciarsi andare, parlare a ruota libera, dire “tutto” e per di più esigere che gli si risponda adeguatamente, si dica e si faccia (o si finga di fare) quel che egli chiede.

Il telefono è un mezzo neutrale che concede di superare molte resistenze, di abbattere difese per alcuni altrimenti insuperabili. Il messaggio dell’utente appare tanto più “intimo” quanto più è non personalizzato. Si può inventare un nome o dire quello vero, giocare sui dati di realtà e di pura fantasia, tanto non c’è verifica.

Non c’è il problema di piacere o di sedurre, non più differenze tra l’adone e il gobbo di Notre-Dame: chiunque può dirsi bellissimo, attribuirsi capelli biondi e spalle quadrate, giovinezza o maturità, far vanto di super-dotazione sessuale. D’altra parte, ciascuno può immaginare l’altro a piacimento, il partner dei sogni si concede senza riserve.

Nessuna difficoltà di ricerca, incontro, compromessi e contratti; neppure il fastidioso contrattempo del luogo e dell’ora del convegno. Quando il “desiderio” nasce, ecco lì pronto il telefono, come guardarsi allo specchio. La comodità è indiscutibile. Sembra si sia preso alla lettera la pubblicità dell’industria telefonica, adattandola all’ambito sessuale: “spostarsi col telefono risparmiando tempo e denaro”.

Il servizio sfrutta l’esistenza indubbia dell’ erotismo dell’udito. Un certo modo di modulare la voce, di pronunciare dati termini, il ricorso all’oscenità verbale e l’invenzione di soprannomi stravaganti o spinti fanno parte del patrimonio di molte coppie e di molte avventure sessuali occasionali.

Può essere eccitante sentirsi dare tali appellativi, ascoltare ad occhi socchiusi la brama che riempie la bocca dell’altro e sgorga con le sue parole infuocate; il solletico del sottovoce, i mugolii e i suoni irrefrenabili configurano il piacere erotico dell’ascolto anche nella normalità. Il pornotelefono si fa promotore di una amplificazione, aggiungendo il brivido della perversione e del proibito e coronando il tutto con la de-responsabilizzazione: “concedetevi l’ebbrezza di essere nessuno e protagonisti nel medesimo tempo! Sfogatevi in piena libertà!”.

In una società nella quale il contatto fra le persone è ridotto quasi a zero e in cui efficienza e forma contano più d’ogni altra cosa, un simile “servizio” ha buone chances e trova molto materiale umano. Agli individui si sostituiscono le macchine, ai partner le fotografie, le bambole, i vibratori, il telefono. È l’apoteosi dell’impersonalità, il trionfo dell’anonimato per chi ha qualcosa da nascondere o ha bisogno di nascondere.
Infatti, tutte le circostanze nelle quali è concesso di liberarsi dalle maschere sociali acquisiscono un connotato erotico e i caratteri del gioco eccitante.

Il pornotelefono, però, risponde anche alle esigenze di chi non ha tempo da perdere (!), oppure alla noia di chi non sa più a che santo votarsi per aumentare gli stimoli sessuali. Spesso a correre lungo il filo c’è pure la profonda e drammatica solitudine di individui isolati e frustrati, emotivamente o affettivamente annientati. Ecco allora il grido disperato del tutto privato, per cui dietro la richiesta di godere dei senza volto si leggerà il bisogno spasmodico di attenzione, di avere qualcuno che si occupi di loro e vi si dedichi almeno per qualche minuto.

Paradossalmente, si cercherà di aprire una parentesi di “intimità” attraverso un mezzo tanto inerte nella frenetica corsa all’ipocrisia o impostura sociale. Un tentativo estremo dunque di ridurre le distanze. Non è casuale che il telefono erotico si sia diffuso in particolare nell’ambiente gay, l’Aids ne ha fatto addirittura un sistema alternativo di pratica sessuale (più “sesso sicuro” di così…). Quanto l’isolamento si ridimensioni davvero è difficile da appurare e se ne può dubitare.

Qualunque cosa se ne possa dire, dalla demonizzazione alla diagnosi di patologie mentali, resta il fatto che iniziative del genere si inscrivono appieno nello stile della “civiltà del self-service”. Non sarà infamia, ma neppure lode.

Mattia Morretta (1987)