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Amore e libertà

Il modello sociale più comune prevede un periodo della vita del singolo individuo relativamente libero da preoccupazioni materiali e da responsabilità interpersonali, durante il quale ci si dedica gradualmente alla ricerca del partner definitivo e dell’attività lavorativa stabile.

Gli eterosessuali sanno che a un certo punto, dopo essersi concessi una fase di leggerezza, dovrebbero abbracciare la causa del dovere e “metter su” famiglia.
L’uomo sacrifica la propria autonomia mentre la donna passa dalla tutela del padre a quella del marito, cioè semplicemente dalla padella alla brace, dando bene o male sistemazione all’affettività.

Il mutamento del ruolo femminile e dei valori ha però comportato una crisi di questi processi tradizionali, la professione può essere altrettanto importante dei figli per una donna e l’affetto non coincide più necessariamente con la famiglia.

Tuttavia lo schema che contrappone libertà a vincolo coniugale fa sentire la sua influenza anche su coloro che parrebbero vivere fuori dalla regole. In effetti, i “singoli” (oggi chiamati single, quasi che la denominazione cambiasse il dato di fatto) giungono spesso per radicalizzare la loro posizione, intravedendo in ogni possibile rapporto amoroso un’ingiunzione a scegliere tra autonomia e dipendenza.
Il significato di costrizione viene esteso dal matrimonio istituzionale alla relazione e infine al legame affettivo in sé.

Da una parte vi sarebbe l’amore come sacrificio della libertà personale, dall’altra parte la libertà con rinuncia all’amore. Si dirà allora che il prezzo della libertà è l'isolamento, perché non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Lo spettro della solitudine negli anni maturi (tutto bene finché si è giovani, ma poi) il ricatto della sicurezza emotiva costituiscono da sempre due potenti elementi di dissuasione dal ricercare nuovi modi di relazionare e pensare.

Non a caso molti singoli finiscono in un vicolo cieco: dopo aver “corso la cavallina”, sbandierando sorrisi e indipendenza, non possono non fare i conti con il muro della frustrazione oppure tornare indietro alla famiglia-tipo e a tutto ciò che prima facevano mostra di disprezzare.

Non vi è dubbio che nella società moderna si vada evidenziando una tendenza a fare di ciascun individuo una sorta di tassello o di pezzo a sé con il compito di incastrarsi con altri tasselli nel più vasto mosaico collettivo. In pratica ogni “tassello” deve collocarsi nella “cavità” giusta in base alla propria categoria o a criteri di efficienza.

Tutto potrebbe filar liscio, sennonché gli esseri umani non si possono ridurre a numeri e robot, il dilemma è complesso: se si sceglie, col matrimonio o la convivenza, di realizzarsi sul piano sociale e sessuale, si rischia di non dare risposta al bisogno di relazioni interpersonali più gratificanti.

Se si rimane soli, ci si ritrova a dover soffrire, per così dire, 'incertezza e l'instabilità del nutrimento affettivo o sessuale. Per di più l’esperienza del singolo viene definita in negativo, cioè per quel che non è e interpretata quale fallimento nella socializzazione.

Che l’amore stia dalla parte della coppia, legalizzata o meno, è quantomeno discutibile, così pure è opinabile che esista un’unica forma di relazione amorosa. Eppure, chi non è coinvolto in un legame ufficiale non riesce molte spesso a uscire dalla trappola di un sistema ad esclusione: solo sesso e niente amore, solo avventure e nessuna stabilità. Nomadismo e sedentarietà in campo affettivo sembrano incompatibili e inconciliabili.

Il nomade vanterà le occasioni multiple di piacere, il gusto della varietà e il sapore della novità; verrà sottolineata la sensazione di benessere del non dover render conto ad alcuno del proprio operato, dei difetti e dei vizi privati, niente lamentele, nessun compromesso.
Sarà smascherata la pavidità di chi si lega ad un altro soltanto per bisogno e insicurezza o per ottenere approvazione sociale. Il sentimentalismo verrà tacciato di ipocrisia, travestimento della noia o trasposizione di desideri sessuali inibiti.

Individuare le nefandezze o gli svantaggi di certi accoppiamenti assai poco amorosi non aiuta a nobilitare l’esistenza né risolve il problema di come esprimere l’affettività. Di frequente quando si prende partito per il sesso contro il cuore non si compie una vera scelta. Puntando i riflettori sul dato oggettivo dell'indipendenza, si distoglie l’attenzione dalla questione della mancanza di libertà interiore.

In un mondo in cui la competizione selvaggia è la norma e in cui l’affermazione è un impegno a tempo pieno, ogni rapporto che implichi un coinvolgimento non formale appare una minaccia o nel migliore dei casi una perdita di tempo.

Nella vita privata si applica il criterio economico della domanda e dell’offerta, la relazione può diventare al massimo una società a responsabilità limitata. I rapporti affettivi possono essere sentiti come vincoli in quanto limitativi delle possibilità di movimento e decisione.

E poi il tedio della quotidianità, le difficoltà di comunicazione, il fardello del doversi occupare di un’altra persona, tutte preoccupazioni che distolgono dalla professione e menomano l’efficienza sociale.
Alcuni sono divisi tra impulsi romantici e cinismo, idealismo e realismo, vorrebbero lasciarsi andare in alcune circostanze, ma il calcolo degli interessi finisce per prevalere.

Non è neppure facile puntare solo a garantirsi una vita sessuale regolare per essere più stabili emotivamente. È vero che l’idea di una gratificazione genitale rinnovata rappresenta un forte incentivo, ma il ruolo di cacciatore è dispendioso ed espone comunque a frustrazioni.
Così anche gli atti sessuali possono diventare una sorta di lavoro automatico e impersonale, una specie di autoerotismo che impedisce autentica partecipazione.

Al sesso si attribuisce, nascostamente o consciamente, il compito di rispondere a molte altre esigenze oltre a quelle fisiche. Perciò dopo un dato numero di esperienze sessuali si comincia a notare soprattutto quel che non si ottiene.

Del resto, l’insieme dei bisogni di tenerezza e intimità non espressi nella vita relazionale tramutano l’atto sessuale occasionale in un surrogato quasi per forza insoddisfacente. Le ansie e le tensioni create da un’esistenza competitiva e senza soste portano a concepire il sesso più come tranquillante che come godimento.

Molte volte ci si rende conto che non è la volontà di mantenersi liberi a motivare decisioni in materia, bensì la paura del rapporto personale; tanto che quando pure si concretizza la possibilità di una relazione fra pari, alcuni si sottraggono temendo di investire troppo o di perdere.

C’è una inibizione anche nel manifestare tenerezza, se non si prevede di potersela riprendere con una dimostrazione di indipendenza. Non esistono che mezzi amori e mezzi piaceri, dal momento che ci si abbandona solo a metà.

La disillusione che parecchi singoli manifestano riguardo agli affetti testimonia più un conflitto interno irrisolto, che non l’esito di un’analisi cosciente. L’esigenza di fondo sembra essere quella di tenere a distanza l’altro, escludendo l’approfondimento della conoscenza reciproca.

In sostanza evitare il coinvolgimento serve a sfuggire il possibile rifiuto, perché in realtà non si ha grande stima di se stessi e non si crede che qualcuno potrebbe accettarci.

Il legame è avvertito come un pericolo poiché rimanda al fantasma di una madre esigente e divoratrice dalla quale ci si è staccati con fatica.
Ciò corrisponde ad una sensazione di profonda vulnerabilità emotiva, che si cerca di compensare riaffermando di continuo che l’altro non ha potere su di noi e glielo si dimostra.

D’altronde, un intenso desiderio di dipendenza e di passività può spingere a proiettare sull’altro ciò che più si teme dentro di sé; tutti sono vissuti come appiccicosi, sfruttatori, tendenti a succhiare energie.

In effetti, molti si aspettano di essere amati, ma non vogliono che venga loro chiesto di corrispondere. Importante è pure il timore che l’amore finisca e la separazione sia inevitabile, per cui ci si comporta in modo tale che un amore non cominci mai.

Nello sforzo di sottolineare che non si ha bisogno di nessuno è facile riconoscere un disagio, si fugge platealmente dalle catene affettive perché nell’intimo si è schiavi di emozioni confuse e antichi conflitti.

La libertà deve anzitutto realizzarsi dentro di noi per riverberarsi nei nostri rapporti e nelle nostre scelte.
Non è quindi l’amore o la coppia, non è l’esser soli, a deporre per l’autonomia e il rispetto delle regole civili.

La coppia non rappresenta la dimostrazione di una maturità psichica o di un’accettazione dell’alterità; analogamente sottrarsi alle relazioni stabili non equivale a garantirsi la “libertà”.

La scelta non è tra amore e libertà, che possono ben coesistere e non dipendono da decisioni volontaristiche.; se mai si tratta di offrire a se stessi e agli altri le opportunità migliori per crescere, capirsi e arricchire la personalità.

Per non alimentare equivoci e malintesi, occorre avere il coraggio di interrogarsi in prima persona con serietà sull’esigenze affettive e sessuali, personali e imprescindibili.

Mattia Morretta
Fascicolo n. 78, 1987, Enciclopedia Amare, Fabbri Editori