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Eruzione tra gli scavi
Provincia di Napoli

Pompei, area archeologica, primavera inoltrata.
Lasciato il tempio dedicato ad Iside, non senza un’invocazione appropriata, cerco riparo dal sole cocente prima nel bar per una bibita poi all’esterno in un cono d’ombra. Sento un fischio, mi giro e scorgo una figura in movimento che mi fa un cenno mentre scivola dietro vecchie mura diroccate. Non posso crederci e per curiosità mi avvicino. Con disinvoltura, fa la sua proposta che trasuda voglia più che desiderio, come una coppa colma sino all’orlo che è prossima a traboccare indipendentemente dalle circostanze esterne e dagli spettatori.

Chiede di andare separatamente nel bagno al primo piano del ristorante e di fare in fretta perché i colleghi potrebbero accorgersi della sua mancanza. Come ipnotizzato dal moto meccanico di un ingranaggio secolare, salgo ma con lentezza dopo di lui.

C’è una custode in piedi all’ingresso, accanto ad un tavolo con un piattino per le offerte. È una follia tale da meritare una verifica sperimentale.

È già entrato in una delle toilette e mi invita ad unirmi a lui, benché ci siano altri uomini intorno. Mi vedo costretto a congedarmi, lo saluto e il suo sguardo si spegne nella delusione e nell’incomprensione: ma come? e perché no?!

Quando è di turno al bar, scruta nel flusso continuo di clientela come tra i fondi del caffè e, se individua il pesce adatto, si fa in quattro per prenderlo nella rete. Cerca tra i visitatori solitari e non troppo maturi, si fa capire con gli occhi, ma se non basta ricorre ai gesti espliciti e, come ultima spiaggia, alle parole.

Non ha ancora venticinque anni e dice di non saper resistere all’impulso di agganciare il tipo che gli piace, pur sapendo di rischiare d’essere scoperto. Non può farci niente, si sente un uccello in gabbia, mentre vorrebbe volare liberamente. In verità, l’unico volo cui è abituato e cui pensa è quello in picchiata sulle prede: un rapido assalto e una veloce conclusione.

Tra le sbarre torna spontaneamente, ne è rassicurato, perché è nella normalità che vuole restare, mescolandosi tra la folla e il popolo. Non vede alternative e non crede neppure alla possibilità di gettare le basi per una sua vita sessuale autonoma. Differenziarsi dagli altri è un coraggio che gli manca e di cui però non sente la mancanza.

Il brivido del pericolo ha la sua parte nella gratificazione, gli piace l’emozione associata all’audacia, quell’osare contro ogni evidenza e farla sotto il naso della gente che non si accorge di nulla. La naturalezza dell’atteggiamento si rivela così il miglior lasciapassare per avventure erotiche tanto eccitanti quanto repentine.

Tutto deve durare il tempo di una pausa dal suo lavoro al banco o tra i tavoli, di solito con la scusa di andare in bagno; la quale poi non è del tutto una bugia, perché alla toilette ci va davvero, cercando di portarci il compagno improvvisato di giochi.

Dà per scontato che il partner occasionale da lui scelto non solo comprenda l’intenzione e concordi sullo scopo comune, ma acconsenta anche senz’altro all’attuazione del proposito e accetti senza riserve le condizioni (o meglio, l’assenza di condizioni). Cosa c’è da spiegare, d’altronde?

Si tratta di strappare le occasioni di godimento tra le pieghe della normale promiscuità sociale umana, nel bel mezzo della vita più ordinaria, approfittando della distrazione altrui, dei ruoli e dei compiti assegnati dalla sorte, degli attimi di disordine nell’ordinato ripetersi degli atti quotidiani. E poi, dove ci sono turisti e stranieri è più elevata la probabilità di trovare gay interessati a uno spuntino sessuale, per giunta gratuito.

Il bel giovane prestante ha un viso talmente tipico da far credere che discenda dagli abitanti della antica Pompei, o che sia stato anch’egli testimone della catastrofica eruzione del 79 dopo Cristo, forse anche allora lavorava in una taverna e rendeva omaggio a Priapo con scritte o disegni sui muri…

Mattia Morretta (2005)