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Il fattore lontananza nelle relazioni sentimentali

Che la passione nasca soprattutto quando è in gioco la lontananza è risaputo. L’estraneo, ciò che si situa fuori dal cerchio della quotidianità, l’immagine colta in una dimensione non familiare gode di un fascino tutto particolare.

Accettata è pure l’idea che sia proprio l’esser tenuti a distanza dall’amato a stimolare la fantasia e l’aspirazione alla conquista. La frustrazione subìta dall’oggetto del desiderio produce una sorta di fissazione reattiva.

Marcel Proust (1871-1922) scrive che “l’amore nasce da una menzogna e consiste unicamente nel bisogno che le nostre sofferenze vengano placate da chiunque ci abbia fatto soffrire”.

Si potrebbe dire che in fondo tutto il romanticismo si collochi sotto il segno dell’assenza e della mancanza, l’altro è sempre in fuga e latitante, non si concede mai completamente perché è altrove. Ciò ha verosimilmente a che fare col fatto che il prototipo di ogni rapporto amoroso è quello con la madre.

La separazione dalla figura primaria e il desiderio di restaurare quell’unione accompagnano l’individuo per tutta la vita e colorano di nostalgia ogni affetto successivo. Così, si ama sempre un po’ “da lontano” oppure qualcuno lontano.

Tuttavia accade anche che vi siano persone capaci di innamorarsi e allacciare legami solo quando sono al di fuori del loro territorio, magari in vacanza o in viaggio o in un altro paese.

In tali situazioni gli incontri sono per necessità intervallati da periodi di distacco e il partner è per definizione non facilmente raggiungibile. L’importante in effetti è che non sia del tutto a portata di mano, tanto è vero che i trasferimenti di uno dei due per vivere accanto in maniera stabile si risolvono spesso in un fallimento.

L’influsso di conflitti edipici è evidente pure in quei casi in cui il desiderio incoercibile è ispirato solo da sconosciuti, che restano poi all’oscuro di tutto poiché non viene mai dichiarato loro un interesse esplicito. Oppure quando l’infatuazione riguarda una persona conosciuta ma “impossibile”, e quindi comunque sia non vicina.

Non è solo questione di timidezza, di paura del rifiuto o di gusto per la strenua lotta. Mantenendosi distanti dall’oggetto ci si concede un gioco di ardori e di supplizi inesprimibili che hanno un sicuro tornaconto, per quanto inconscio, poiché sentirsi martiri e incompresi può fornire un masochistico piacere.

Inoltre l’indeterminatezza e la lontananza dell’amato permettono di proiettare su di esso le immagini parentali dell’infanzia, di vivere cioè in tal modo l'antico desiderio sotto una forma irriconoscibile. Una vicinanza eccessiva romperebbe l’incantesimo, poiché la verità originaria sarebbe “sotto gli occhi”. E infatti spesso il soggetto non riesce a staccarsi da questo artificio psicologico: desiderare è rigirare il coltello nella piaga.

La distanza è un elemento fondamentale anche nelle situazioni in cui non si riesce a riprendersi dopo delusioni amorose o dopo la fine di un rapporto. Si resta fedeli a un’idea e si mantiene accesa la fiaccola del sentimento, vagheggiando il ritorno del partner o rimpiangendo il passato. La separazione forzata e subìta alimenta il bisogno fino a determinare talora un grave disagio psichico. Lontano dagli occhi, in questo caso, equivale ad ancor più vicino al cuore e alla mente.

Diverso può rivelarsi l’influsso della lontananza nel caso in cui la coppia è costretta alla separazione da motivi indipendenti dalla volontà dei due, cioè nelle relazioni nate da una scelta reciproca e fondate su un amore dichiarato, ma in cui inconsciamente si va insinuando la stanchezza o la sfiducia. In questi casi, il distacco forzato (per esigenze di lavoro o altro) è preceduto da vicendevoli promesse di fedeltà e “ti aspetterò”, accompagnate dal dubbio di non resistere.

Per qualcuno sarà l’occasione buona per sottrarsi ad atti che si vivevano con insofferenza o con poca gratificazione. Per qualcun altro sarà il momento adatto per liberare fantasie erotiche rivolte verso altre persone, oppure per meditare sull’autenticità dei propri sentimenti.

A volte però il senso di colpa originato dal fatto di aver desiderato di tradire può diventare ancora più forte nell’assenza del partner e portare il soggetto a un autocontrollo più rigido. C’è pure chi si sente stimolato dal fatto di essere messo alla prova: rifiutando opportunità nuove acquisirà un altro motivo per sentirsi orgoglioso.

D’altronde, aspettare il ritorno dell’amato può in certe circostanze dare un senso al vivere quotidiano. In una esistenza grigia, l’attesa e la fiducia nel ritorno, la certezza che vi sarà un momento in cui l’altro sarà di nuovo vicino, fanno sì che la persona viva in condizioni di discreto equilibrio e si senta rafforzata. Ci si può adattare serenamente a un contatto intermittente, anche quando i periodi di separazione sono assai più lunghi di quelli di ricongiungimento.

Al contrario, se si cerca di evitare quel che può indurre in tentazione, il risultato può in alcuni casi essere addirittura deleterio. Esistere “in scala ridotta”, ridimensionando interessi e amicizie, porta talvolta al sopravvento, alla lunga, dei sentimenti di rivalsa e distruttività. La sicurezza non può dipendere dal fatto di riuscire a evitare le situazioni che creano tensione e squilibrio. Meglio mettere nel conto le cadute di tensione e non nascondersi niente.

Naturalmente molto dipende dal valore che si attribuisce alla relazione con la persona lontana. Se l’affetto è sincero e se alla base c’è una scelta ponderata, si è molto più liberi di acconsentire o di rifiutare altri rapporti.

Ricattare, tenere in sospeso, pretendere egoisticamente un sacrificio della personalità, son tutte cose che prima o poi si pagano. Da questo punto di vista non è il fatto oggettivo della lontananza a creare problemi, ma il modello di legame.

Sono altresì probabili differenze individuali nella capacità di tener desto il desiderio, similmente a quella riscontrata per la reattività al dolore. Esistono infatti due grandi categorie: i “massimizzatori” e i “minimizzatori”. Nei primi le esperienze si fissano in memoria in maniera indelebile o stabile; nei secondi le esperienze sbiadiscono rapidamente e occorre un rinnovato stimolo per conservarne il ricordo.

Sicché, alcuni non riescono a tener vivo il desiderio per un oggetto senza una certa costanza di interazione; è come se si distraessero facilmente e dovessero perciò essere richiamati all’attenzione. Altri, invece, sono in grado di mantenere un interesse anche senza ripetute gratificazioni e vivono, per così dire, di rendita.

La variabilità di durata di una "passione" dipende pertanto da differenti fattori, tra cui il temperamento e la costituzione fisica, nonché le esperienze e le convinzioni culturali. Le gradazioni possibili fra gli estremi sono chiaramente molte, come d’altra parte sono numerose le forme di lontananza.

Non è un mistero che le interruzioni del normale tran tran facciamo molto bene a certi rapporti, nei periodi di distacco si può alimentare il desiderio fino a farlo giungere alla sua massima intensità proprio in occasione dell’incontro. Ogni volta è allora una festa dei sensi per il giusto equilibrio fra privazione e soddisfazione; inoltre, il fatto di lasciar fuori della porta difficoltà e crucci quotidiani rende quei momenti una specie di oasi.

Non si deve però credere che sia tutto semplice e lineare. Pure quando l’intesa sia profonda e sentita, l’interruzione del vincolo può avere conseguenze spiacevoli. Per esempio, un nuovo distacco, nel momento del culmine dell'intesa, non facilita affatto la ripresa daccapo.

Può accadere che la tensione accumulata sia tale che, al ristabilirsi della vicinanza, il rifiuto abbia il sopravvento. Magari ciascuno dei due ha percorso una strada propria, forse ha aspettative differenti e può essere tentato di chiedere il conto.

Anche in presenza di una forte attrazione può aver la meglio il sentimento di estraneità. Nella lontananza ci si può perdere, specie se viene a mancare la volontà di comunicare e la disponibilità al confronto.

Mattia Morretta
Testo originale nel Fascicolo n.80 Enciclopedia Amare, Gruppo Editoriale Fabbri, 1987