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LGV: globalizzazione microbica

In Europa, dopo la Francia, anche la Gran Bretagna lancia l’allarme per la diffusione tra i gay della Linfogranulomatosi Venerea (altrimenti detta Malattia di Nicolas-Favre). I casi sono stati diagnosticati per lo più a Londra, ma non mancano in una decina di altri grandi centri urbani. Nelle notizie riportate si pone l’accento su manifestazioni insolite, su lunghi periodi di incubazione, su modalità di contagio indirette (per esempio, tramite oggetti utilizzati nei rapporti).

Un dato significativo e sinistro riguarda il fatto che ad esserne colpiti sono in maggioranza soggetti Hiv positivi (da noi vale per la sifilide). D’altronde, l’associazione tra LGV ed altre malattie a trasmissione sessuale era un elemento conosciuto, analogamente al ruolo della promiscuità e della prostituzione in precisi contesti geografici.

Nei manuali di medicina del secolo scorso si sottolineava la provenienza dei pazienti non solo da aree specifiche, ma anche da ambienti a elevata promiscuità (grandi porti, ad esempio). La mescolanza delle popolazioni era già ritenuta causa della sua propagazione in tutto il mondo, Europa compresa, con partenza dal Sud-America, dai Caraibi, dall’Africa e dall’Estremo Oriente.

Canada e Stati Uniti registrano attualmente a loro volta il moltiplicarsi dei casi, soprattutto in individui che hanno soggiornato e praticato sesso in Brasile. Gli esperti, infatti, parlano di “turismo biologico”, perché i malati tornano dai viaggi col carico di microbi acquisiti inconsapevolmente mediante pratiche quantomeno rischiose o sottovalutate.

In fondo, è sempre stato così, perché le grandi epidemie storiche di malattie veneree (e non solo) sono state esportate e importate attraverso passaggi, contatti, scambi tra paesi e continenti pur fondati su altre finalità e motivazioni.

Il vero e proprio turismo sessuale organizzato è un fenomeno recente, in termini di massa, perché l’aspetto della evasione anche erotica dalle costrizioni sociali e familiari ha riguardato sino alle grandi guerre minoranze privilegiate o personalità particolari (prima la nobiltà nel XVIII secolo e poi la borghesia).

Quel che era individuale, ora è collettivo; il potere di acquisto, in senso letterale, del godimento è oggi democraticamente esteso alla maggioranza ed è ritenuto quasi un obbligo spenderlo in maniera visibile.

Gli omosessuali sono i più patetici esponenti di tale asservimento di consumatori in chiave moderna e lo stesso Aids potrebbe in parte essere interpretato come un clamoroso indicatore dell’effetto boomerang della pretesa di agibilità sessuale in totale libertà in ogni angolo del globo.

Tutti contenti della globalizzazione delle esigenze e delle identificazioni, spensierati per partito preso e sempre in fuga dal vuoto esistenziale inevitabile quando si recita la commedia dell'orgoglio ritrovato, oppure clandestini per comodità e ambigui per calcolo tra doppie non-vite e non-appartenenze ovunque e con chiunque si trovino, essi sono i candidati ideali della guerra microbiologica fuori e dentro l’Occidente (quel che ne resta).

Quanti scelgono mete di viaggio solo tra località trasformate in laboratori del sesso da un’industria del divertimento senza scrupoli? Qual è il costo implicito benché nascosto della selvaggia sessualizzazione di ogni momento libero della vita e in particolare dello svago, del turismo ad esclusivo scopo sessuale e del colonialismo prostitutivo? Cosa può produrre lo scambio anonimo di scorie e scarti nelle fogne del sesso mascherate da localini piccanti con ingresso privilegiato?

Ora che l’Aids non fa più paura, c’è qualcuno o qualcosa che possa arrestare questa corsa ad occhi chiusi sulla strada a senso unico del fanatismo sessuale?!
Chi può, si salvi.

Mattia Morretta (settembre 2005)