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Pornografia e bassi istinti

"C’è bene la maestra, che mostra a chi non sa, come si deve stare, caso che la lussuria stimoli l’uomo, sì che sopra una cassa, sopra una scala, in una sede, in una tavola, o ne lo spazzo voglia cavalcarle: e quella medesima pazienza, che ha chi ammaestra un cane, un pappagallo, uno stornello, e una gazzuola, ha colei che insegna le attitudini a le buone monache…"
(Pietro Aretino, 1492-1556, I Ragionamenti, Ragionamento della Nanna e dell’Antonia, Giornata Prima)

Roba da ragazzi

La pornografia, pur essendo ufficialmente vietata ai minori, non ha un pubblico esclusivamente adulto; anzi, ne sono spesso avidi consumatori gli adolescenti, in qualche caso anche prepuberi. C’è sempre qualche amico, magari più grandicello o solo più scaltro, che ha materiale del genere da mostrare, alcuni ne hanno vere e proprie collezioni, nascoste accuratamente oppure senza darsene cura.

Questi piccoli “tesori” fungono ora da vergognoso segreto di fronte ai genitori ora asso nella manica nei confronti dei compagni cui vengono esibiti a riprova di una maturità sessuale ormai conquistata.

Non è raro che proprio dinanzi alle immagini pornografiche avvengano riunioni riservatissime, durante le quali, superando collettivamente l’imbarazzo e la vergogna, i ragazzi formulino desideri, raccontino esperienze, esprimano dubbi e perplessità sul sesso.

Tra risate che tradiscono l’angoscia, gli occhi sgranati oppure fintamente distratti, ciascuno controlla le reazioni ed i gesti altrui e cerca di adeguarsi a quel che ritiene sia la regola del gioco.

Talora una masturbazione di gruppo offre una catarsi alle tensioni emotive sviluppatesi. Ognuno poi tornerà a se stesso con ricordi piacevoli o sgradevoli, a volte esaltato e a volte mortificato, fiero del senso di forza o preda del senso di colpa.
Per molti è questa l’unica forma di rito d’iniziazione alla sessualità, in cui è la “normalità” e non la moralità il metro di giudizio.

Nello sforzo di sciogliere il nodo dell’identificazione sessuale, i ragazzi sono lasciati per lo più soli e costretti a reperire una soluzione qualsiasi ai messaggi contraddittori provenienti dalla società, a partire dalla famiglia.
Le esigenze pulsionali sono più che mai alimentate dal clima di erotismo diffuso, quasi capillare; un incitamento che sovente confonde, nonostante la liberalizzazione sessuale in atto.

L’idea che in fondo tutto sia permesso e alla portata di chiunque, stimola sentimenti di inadeguatezza in quanti non sanno o non possono approfittarne. Il sesso dovrebbe attualmente essere facile e semplice, come bere la coca cola; ma i giovani hanno bisogni molteplici e complessi.

La lotta per l’adattamento sessuale è ancora una vera lotta. Gli adulti reprimono, ignorano, tollerano, oppure predispongono corsi di educazione sessuale che non risolvono il problema di fondo, perché non è solo l’informazione a mancare.

Sicché alle paure e all’incertezza del ragazzo si aggiungono le reticenze, l’improvvisazione o l’ambiguità del contesto. Come avviene presso alcune specie animali, i “piccoli” sentono il bisogno di “imparare” e di trovare modelli da imitare, ai quali conformarsi per sedare l’ansia. Il resto del comportamento sessuale avviene sulla base di un apprendimento per prova ed errore.

Nell'adolescenza si attraversa una fase di ipersensibilità erotica, per cui stimoli diversificati e una gamma di occasioni emotivamente cariche possono colorarsi di sensazioni erotiche secondarie. Nei maschi, è noto, la risposta sessuale è suscitata soprattutto da stimoli visivi ed è sotto forma di immagini che con la pubertà essi scoprono la dimensione erotica, nelle fantasie e nei sogni non-censurabili volontariamente.

La pornografia pare allora intervenire per rammendare gli strappi e colmare i vuoti, attira e al contempo tiene a bada i pressanti impulsi, risponde alla domanda insoddisfatta di piacere e di sesso impraticabile con l’offerta di una sorta di favola oscena di sconcertante povertà contenutistica.

La pornografia consente una proiezione identificativa con una realtà di potenza e di superiorità, a dispetto dei tormenti dell’accettazione fisica e dei timori di anomalie sessuali. L’individuo vi cerca un sollievo all’impotenza, alle piccole sconfitte quotidiane e alla rassegnazione in campo sessuale cui è costretto dalle circostanze.

Essa risponde quindi al suo bisogno di fantasticare, di evadere dalla concretezza della sua limitata libertà d’azione e di pensiero. Lo fa sentire più libero dalle imposizioni, in uno sforzo di acquisire l’indipendenza che sembra passare soprattutto per la tappa obbligata dell’infrazione del divieto antisessuale familiare.

Il piacere di disobbedire, di far qualcosa di disapprovato ha infatti la sua parte, poiché il gusto del proibito è tante volte più importante di quel che si fa. Non va trascurato che tendenze “devianti” e aggressive vi trovano opportunità di sfogo indiretto.

Chi vi ricorre frequentemente manifesta una spinta a sognare ad occhi aperti e a crearsi un mondo illusorio in cui ogni cosa è facile, quale compensazione per le difficoltà e le frustrazioni nei rapporti sociali. In quel mondo al posto delle persone compaiono personaggi e oggetti sessuali, la cui riluttanza è solo una commedia per aumentare l’eccitazione; l’imbarazzo rispetto all’altro sesso è sostituito dalla spavaldo savoir faire dello stallone e la imprevedibilità del reale è trasformata nella variazione codificata delle posizioni di accoppiamento.

Molti, convinti che le preferenze sessuali derivino dalla visione di raffigurazioni e film erotici esagerano l’importanza della pornografia quale via maestra per la perversione. In realtà, i limiti del comportamento sessuale sono probabilmente già fissati prima della pubertà. In seguito non si tratta che di rivelazione e aggiustamenti.

Lo psicologo John Money ha difatti scritto: “La rassicurante verità è che è impossibile influenzare o addestrare un ragazzo scelto a caso e farne un sadico, un feticista, un guardone o qualsivoglia altra cosa possa venirci in mente”. In parole povere: gli appetiti possono essere stimolati ma non creati ex novo.

Tuttavia, lo spettacolo offerto dalla pornografia seriale e commerciale è desolante, ed è deprimente considerare che sia l’unica scuola sessuale riconosciuta per quanto ufficiosamente. Ben lontani dal favorire la coscienza della sessualità, i classici prodotti pornografici confermano la saldezza dei tabù e incanalino quel tanto di originalità personale nel labirinto del consumismo sessuale.

Invece di suscitare creatività, essi privano di fantasia fornendo la possibilità di comperarla preformata: non resta che una soddisfazione palliativa a impulsi frustrati.
Per di più, i desideri sono resi quasi inappagabili a causa di un modello di consumo spropositato e impraticabile, oltre che mortificante quando viene sperimentato alla lettera.

D’altra parte, è stato sottolineato come l’attuale saturazione di immagini erotiche porti spesso a far preferire piaceri sostitutivi alla banalità del sesso.
Scriveva anni fa il sessuologo Gilbert Tordjman: “Alcune inchieste ci inducono a pensare che la nuova generazione, lungi dall’essere ipersessualizzata, sacrificherebbe volentieri la realizzazione effettiva a dei succedanei immaginari".

La pornografia occasionale può costituire una gratificazione inoffensiva, però quando un ragazzo vi si dedica con costanza, facendone una occupazione parallela, vi è qualcosa di irrisolto nella sua personalità.
Se non riesce a trovare una condotta sessuale più integrata nel processo di costruzione in corso di un proprio stile di vita, rischia di rimanere invischiato in una concezione del sesso riduttiva e morbosa.

Il rapporto privilegiato con la pornografia può rafforzare la scarsa attitudine al confronto con il reale, mantenendo intorno al sesso un alone di irriducibile oscenità. La vita erotica può diventare allora una “preoccupazione” cui si risponde con l’isolamento oppure con l’adozione di una condotta definita dallo psichiatra Stack Sullivan da “scolaretto sessualizzato>”.

In tal caso il sesso viene vissuto in modo molto competitivo, è fatto di conquiste da vantare e da farsi invidiare: ciò che conta è misurarsi e superare gli alti, e ciò si accompagna alla persistenza anche nella maturità di un interesse insaziabile per la pornografia.

I genitori passano dallo spavento al finto scandalo, talora sorridono sotto i baffi, specie i padri, divertiti dinanzi ai goffi tentativi dei figli di districarsi nella giungla della sessualità. A volte preferiscono non vedere e non sapere, disinteressandosi dell'intimità del figlio finendo per consegnare la sua vita amorosa ai mercanti e ai cattivi maestri.

L'adulto manca a un compito fondamentale se ignora le insidie e le trappole sociali attuali, pertanto deve favorire un dialogo anche su temi scabrosi, pur senza entrare in dettaglio, per tutelare la prospettiva di una sessualità relazionale e non di puro uso reciproco. La latitanza non è meno controproducente dell’autoritarismo dispotico.

Mattia Morretta (1987)
Testo originale nel Fascicolo 63, Enciclopedia Amare, Gruppo Editoriale Fabbri, 1987