Premessa

In Italia l’approccio ideologico alla problematica omosessuale ha favorito una normalizzazione superficiale intessuta di finto dibattito e falso protagonismo nella piazza mediatica, mentre le esperienze dei singoli omosessuali continuano a svolgersi in scenari di marginalità e persino miseria relazionale nell’indifferenza generale.

L’omissione o trascuratezza prende anche la forma del negazionismo intellettuale, che con l’alibi dell’esistenza soltanto di atti e non di individui omosessuali assimila questi ultimi ad un puro artefatto sociologico.

Lasciati a se stessi, in un habitat ove il mal comune è mezzo gaudio e ove nessuno è colpevole perché tutti lo sono, i diretti interessati smarriscono nel museo delle cere dei cliché la cognizione del male e del dolore, il giudizio critico e la libertà di pensiero, riducendosi a meri esecutori e quasi funzionari della devianza sessuale (vittime delle circostanze o del determinismo).

Gli effetti collaterali dell’omosessualità coattiva, “liberata” a suon di politicamente corretto dalla colpevolezza e dalla vergogna, si manifestano con una assertività sessuale e amorosa fittizia e una pseudo-comunità, consistente per lo più in una catena di negozi e servizi specializzati per la “gay generation”, il cui apparente vitalismo fisico maschera l’assenza di vitalità spirituale. Di fatto, figli e nipoti della rivoluzione sessuale rimangono incompetenti a dispetto del praticantato erotico e della carriera libidica, incapaci di comunicare i contenuti valoriali e i significati profondi della loro condizione non diversamente dalla minoranza silenziosa del passato.

L’atteggiamento difensivo e il ripiegamento sul diritto al risarcimento impediscono di dedicare risorse alla comprensione delle motivazioni di stereotipi e copioni comportamentali adottati acriticamente, premessa indispensabile per giungere a declinare le identità omosessuali in forme nuove ed originali. A completamento del quadro ci si attende salvaguardia concettuale e protezione giuridica dalla medesima società che si accusa di costituire una minaccia per i “diversi”.

Si tratta pertanto di andare oltre l’indagine del conflitto con la collettività e della posizione degli “altri” nei confronti della tematica, spingendosi ad analizzare mentalità restrittive, contraddizioni paralizzanti, fattori dis-integrativi, alienanti e patogeni interni agli ambienti e alle interazioni omosessuali, eppure taciuti o ratificati dalla relativa sottocultura.

La promozione di un’evoluzione civile delle multiple espressioni di omosessualità dipende, infatti, anzitutto dall’impegno di coloro che vi si riconoscono e identificano, mediante la valorizzazione di percorsi autonomi di studio, consapevolezza e cura. Perché per agire nel presente in modo costruttivo (e politico) è necessario assumere la responsabilità del passato.

Gli uomini che ai giorni nostri intessono rapporti omosessuali soffrono della mancanza di voci fuori dal coro, persino di padri e profeti capaci di rimproverare e richiamare, che abbiano a cuore la loro umanità. Il tentativo di delineare eticamente la soggettività omosessuale, in un contesto segnato dalla rassegnazione alla minorità ontologica, comporta il coraggio di una diagnosi obiettiva dei mali e di una critica serrata delle complicità o connivenze.

Ne deriva il ricorso ad un linguaggio dagli accenti amari improntato al monito accorato, nella convinzione che la modifica di tradizioni e usanze omosessuali maschili lesive della dignità (e della salute) possa nascere e svilupparsi soltanto all’interno delle dinamiche del gruppo di appartenenza.
Il sentimento di ingiustizia va integrato nel più complesso senso della giustizia, assumendo il compito di dotarsi di principi normativi e di criteri valutativi oggettivi.

Il libro dà continuità al laboratorio sperimentale del sito web “Omonomia - una prospettiva critica sull’omosessualità” (on line dal 2005 al 2010), spazio di approfondimento teorico della questione ed etnologia applicata alla vita reale delle persone omosessuali, non affrontando per scelta il versante femminile e lesbico.

Ne risulta una proposta articolata di riflessione mediante “saggi corsari” (ricordando Pasolini) sulla diversità, la quota individuale di fragilità e l’eredità di psicologia collettiva, passando in rassegna i principali nodi critici: i processi di identificazione, il consumismo e l’erotizzazione difensiva, la coppia e le privazioni affettive, la non tutela delle giovani generazioni, la conflittualità religiosa, i condizionamenti nell’ambiente gay, le prospettive di socializzazione e le alternative di simbolizzazione.

Appena un inizio, che vale soprattutto come voce levata nel deserto e invito a fare altrettanto e di meglio, perché ogni patrimonio si fonda sulla stratificazione graduale e costante di contributi che rimangano in eredità per le generazioni future.
Il fine che può giustificare mezzi tanto inadeguati e provvisori è promuovere un circolo virtuoso di emulazione verso la competenza omo-sessuale, cioè il passaggio dallo status di praticanti a quello di esperti, in grado di fare delle relazioni interpersonali opportunità irripetibili di reciproca educazione e cultura facendo parte a pieno titolo del tessuto sociale.

Mattia Morretta