La solitudine scritta sui muri
3 Aprile 2015
Disagio nelle sindromi correlate all’Aids
28 Aprile 2015

Il cesso degli angeli
Graffiti sessuali sui muri di una metropoli
Gamma Libri, Milano 1979

CAPITOLO VIII - Sessuomania

Se le scritte sono realmente “oscene” non è nel senso che la magistratura dà al termine. Ciò che disturba è l'offuscamento della sessualità, resa questione da discutere e risolvere fra maschi superdotati, argomento di divertimento barzellettistico, un segretuccio cui accennare durante i banchetti di nozze, da svelare nelle compagnie tutto cameratismo spicciolo.

Sesso come malizioso, sporco e oscuro “oggetto del desiderio”, da soddisfare con giornali e filmini porno, da rincorrere nei sogni ad occhi aperti e da realizzare tramite rapporti dis-umani fatti di brama famelica chiamata passione.

Sesso nascosto e vergognoso, da ostentare però nelle circostanze adatte, da vomitare sui muri dei cessi, da vivere nel cesso.

La molla che spinge a verbalizzare o scrivere in un certo modo il sesso non è l’urgenza di un desiderio erotico così come viene avvertito. Se mai, è l’impotenza dinanzi alla tensione frustrata e all’incapacità di fare esperienze gratificanti.
Tuttavia, l’espressione fine a se stessa ed esasperata serve a “scaricare” almeno in parte il tumulto psico-fisico interno.

A nessuno sfugge il compiacimento che accompagna i discorsi piccanti, gli ammiccamenti, le risatine, le barzellette spinte. C’è sempre una dose di voluttà nella volgarità, quasi che la parola “indecente” permettesse un appagamento effettivo, come se le frasi “sconce” portassero a un godimento altrimenti difficile da ottenere.

Le reazioni di riso, imbarazzo, eccitazione motoria nel corso dei racconti di storielle erotiche mostrano che il linguaggio, oltre a veicolare le richieste del desiderio, lega a sé, una certa quantità di affetti profondi.

Data la condizione di frustrazione sessuale, lo stesso modo di usare il linguaggio diviene una pretesa di gratificazione immediata, un mezzo per sfogare e allentare la morsa delle contraddizioni interiori.

Come l’attività muscolare nello sport permette la dispersione di percentuali di energia vegetativa libidica, così nella verbalizzazione volgare del sesso c’è una ricerca di distensione placando uno stato di intollerabile squilibrio.

Chi verbalizza gusta il piacere di ciò che immagina, anticipa e vive un’esperienza erotica, collegata direttamente alle sue aspirazioni. Si catapulta fuori di sé un urgente bisogno di soddisfacimento, dando per altro ad intendere di essere sessualmente potenti e di aver superato problemi di pudore.

Scrivere oscenità può derivare dal credere di trovare nella lingua uno strumento di gratificazione e una valvola di scarico per i propri turbamenti. In effetti, è possibile una generalizzazione inglobando tutta la discorsività sul sesso, poiché ci si compiace molto negli ambienti intellettuali e progressisti di parlare liberamente e senza tabù di sessualità.

La parola quasi sostituisce l’atto sessuale e serve a neutralizzare in parte l’intensità del desiderio. Il tentativo è di intellettualizzare la materia in modo da renderla innocua e pronta a essere trasferita nel linguaggio quasi come una meta sostitutiva. Meglio parlare di sesso che viverlo in maniera spontanea.

Rilevante è pure il meccanismo di presunta ribellione alla censura, perché la curiosità morbosa e l’infrazione del divieto sono i corollari “naturali” del controllo repressivo.

Proprio la negazione della sessualità dà origine all’interesse per tutto ciò che è erotico e non approvato dalla morale sociale, il feticismo e la morbosità, il cosiddetto gusto del proibito.
Colui che scrive o parla di sesso “senza peli sulla lingua” si sente affrancato dalla repressione.

A partire da un substrato infantile l’individuo prova gusto nell’infrangere proibizioni, pur gravato da senso di colpa, vergogna paura, con una visione del sesso conseguente e consona all’educazione ricevuta.
Il divieto conduce a vivere il desiderio in maniera ambigua ed ambivalente, offrendo in compenso piacere nella messa in atto dell’infrazione.

Spesso nell’omo e nell’etero-sessualità la cornice voluttuosa (fatta di pericolosità, scarsità di precauzioni igieniche, scomodità, feticismo) in cui si passa ai fatti assume una rilevanza emotiva e un richiamo psichico esorbitante, nonché prioritario, rispetto alla stessa esperienza. Il gusto del proibito lega a sé la maggior quantità di interesse e lo incanala verso aspetti alienati dell’eros.

A maggior ragione l’oscenità delle immagini, delle parole e degli scritti appare di per sé gratificante in quanto segno di presunto superamento della proibizione e dell’imposizione al silenzio da parte della morale. Purtroppo ciò non fa altro che alimentare impotenza, abbrutimento ed incoscienza.

L’infrazione avviene secondo moduli già dati e imposti dal divieto, non si tratta mai di una scelta libera, le forme del desiderio sono un prodotto della repressione.
Non sono di sicuro la volgarità e la pornografia a garantire liberazione e adeguata gratificazione.

Sicché, se gli autori delle scritte credono di eludere la propria censura disegnando falli o scrivendo frasi oscene, non resta loro altro che una banale gratificazione fantastica e di breve durata a misura di un infantilismo cronico.

Due moventi importanti che spingono a impiastricciare i muri sono dunque la possibilità di scarica libidica col linguaggio e il piacere di disobbedire al divieto anti-sessuale.
Altro elemento di indagine è la razionalizzazione del sesso come aspetto secondario in termini sociali.

In pubblico si ritiene che esistano questioni ben più rilevanti della tematica sessuale, al limite se ne deve discutere dal punto di vista della demografia, della contraccezione, della sessuologia o dell’educazione sessuale. Per il resto si tratta di fare quattro risate con gli amici riferendo storie per lo più distorte e caricate di ilarità nevrotica.

Lasciato il campo aperto e gettate le maschere, si scopre una realtà desolante. Qualcuno riesce a non accorgersi dei propri moti irrazionali, degli impulsi erotici e delle motivazioni emozionali delle azioni quotidiane. Chi più e chi meno, però, ciascuno avverte il divario tra desideri o spinte ed effettivo comportamento, tra aspirazioni sessuali e rapporti interpersonali.

Nessuno parla delle fantasticherie erotiche che imperversano nella testa durante lo studio, il lavoro, l’attività politica, e nessuno ammetterebbe il contenuto perverso dei sogni erotici. Ciò che si immagina, desidera, pensa, inventa nella solitudine dell’angolo personale, del letto, del bagno, quel si anela nelle masturbazioni solitarie o la notte prima di addormentarsi, le erezioni mattutine, non viene portato alla luce del giorno.

Proprio il privato e il quotidiano “nascosto” di chi sentenzia l’inopportunità dell’analisi dei comportamenti sessuali rivela quanto invece il sesso, nella forma più oscena e morbosa, occupi spazio e tempo, in maniera conscia o inconscia.
W. Reich già negli anni Trenta aveva mostrato che la sessualità pornografica occupa larga parte del pensiero umano e che solo il ristabilimento di una corretta “economia libidica” potrebbe portare a un miglioramento intellettuale e bio-sociale delle masse.

Il fatto che oggi tutto sia centrato sul problema sessuale è il sintomo evidente di un profondo disturbo nella libido degli uomini. In fondo, se è vero che “tutto” è sesso, poiché ogni aspetto vitale ha matrice erotica, è stata la gestione deturpante della sessualità ad averne fatto un’istanza dittatoriale.

Le scritte hanno l’unico pregio di smascherare cosa si nasconda dietro la valigetta ventiquattrore dello studente universitario modello, il pugno chiuso del compagno tutto riunioni e manifestazioni, la maschera anonimo dell’operaio che frequenta bar e cinematografi. Chiunque potrebbe aver scritto quelle frasi e se sono solo minoranze a “sporcare” i muri con parole volgari, in potenza ciascuno è un probabile autore pornografico essendone portatore in quanto alienato mentale.

La deformazione della natura sessuale è universale e coinvolge il parroco di paese e l’estremista di sinistra, l’omosessuale politicizzato e l’eterosessuale qualunquista. Dobbiamo smettere i panni dei perbenisti che possiedono una “corretta visione delle problematiche sessuali”, non è di nuovo moralismo che si ha bisogno per far evolvere i costumi. In verità, lo scandalo deriva dalla messa in piazza della camera da letto e dei segreti dell’impiegato di banca o del diffusore di Famiglia cristiana.

La realtà erotica dell’individuo medio è fatta di sconfitte, rassegnazione e impotenza, ben più che di vittorie e godimento. Tuttavia lo sviluppo della pornografia prova quanto essa corrisponda alle aspettative di super-potenza e consumo di buona parte delle persone.

È appunto su un terreno di insoddisfazione e frustrazione che può attecchire il fenomeno porno, poiché senza il presupposto di innumerevoli individui repressi, affetti da angoscia genitale, orgasticamente inibiti, non sarebbe possibile prospettare l’esperienza erotica in condizioni che alimentano lo sfruttamento della perversione e il consumismo sessuale.

I rapporti sessuali di norma sono sì fatti di sopraffazione, sadismo e falso piacere, ma non sono mai identici a quelli presentati dai film e dalle riviste pornografiche. L’uomo comune ha tanti e tali difficoltà, sensi di colpa, fobie, che non assomiglierà mai al superman porno tratteggiato come iper-virile, soddisfatto signore del letto, circondato da figurine femminili che simulano orgasmi.

Il playboy del filmino non corrisponde di certo all’operaio che compie il dovere coniugale il sabato notte e per il resto si accontenta di sognare, né allo studente conformista o impegnato cui non resta che fantasticare in solitudine avventure con mulatte alle Barbados.

Il ragazzo qualsiasi, che ha problemi di auto-accettazione e misura le dimensioni del membro per formulare un giudizio (mai definitivo) sulla propria normalità, ha ben poco da spartire col maschio esotico che sfoggia un totem fallico cui sono aggrappate le Emmanuelle poco verosimili nella mimica del godimento.

È proprio la distanza tra realtà e rappresentazione a legarle indissolubilmente, poiché la pornografia, mediante le medesime dinamiche del misticismo, del fanatismo nazionalistico e politico, consente all’uomo qualunque una proiezione identificativa con una dimensione di grandezza, potenza, superiorità e gratificazione.
L’ambito è l’immaginario, non la pratica, il campo di azione è il fantastico.

Le situazioni presentate dalla pornografia non possono venir realizzate dal maschio anonimo che tenta di ostentare virilità e forza. Lo scenario di atti traboccanti godimento, sfrenatezza, uso e abuso di corpi in forma e maniera esasperata, è inaccessibile e irrealizzabile di fatto dai più.

Il sesso porno non è “libero”, anzi, però è come potrebbe desiderarlo il ragioniere in doppiopetto tutto casa e lavoro, che pur non lo ammetterebbe ed è consapevole di non poter soddisfare la grandeur erotica.

In tal modo la pornografia assolve ad un compito ideologico oltre che economico.
Hanno ragione i loschi personaggi che gestiscono l’industria pornografia: per loro non è solo un’occupazione redditizia, bensì pure un’attività culturale e sociale. Non certo nel senso di aiutare a liberarsi dai tabù, piuttosto nel senso di confermarne la saldezza e soprattutto di recuperare quel tanto di ribellione individuale alla repressione, incanalandola nel labirinto del consumismo sessuale.

La pornografia occhieggia all’attento pubblico additando un paradiso terrestre riesumato in cui è possibile godere fino in fondo dei piacere della carne, ma l’azienda sa bene che è proprio l’insoddisfazione degli affezionati a garantirne la sopravvivenza.

Gli utilizzatori non arriveranno mai a sfondare le porte di quell’eden alternativo, e se vi riusciranno parzialmente si ritroveranno a stagnare in contatti erotici inappaganti e conformi all’ideologia anti-sessuale.

La pornografia garantisce al sistema sociale di tenere a bada le smanie e i furori erotici dell’uomo medio e al contempo di impedirne l’uscita dallo schema repressivo, in un circolo vizioso senza via d’uscita.

La morale sessuofobica (attraverso la famiglia, la scuole e le altre istituzioni) genera individui insoddisfatti e in parte docili, remissivi, rassegnati alla miseria sessuale. L’urgenza di una pulsione frenata resta tuttavia un pericolo tendenziale e va perciò controllato prima che possa assumere direzioni diverse dalla rimozione e dalla utilizzazione sociale. L’apparato pornografico ha appunto tale scopo, in collaborazione con la prostituzione da un lato e con la discorsività pseudo-scientifica dall’altro lato.

A loro volta pornografia e prostituzione rendono necessaria una morale che faccia da freno a costumi sessuali disordinati, sicché il cerchio si chiude.

Recenti indagini demoscopiche, fra le quali una condotta dall’istituto statunitense Harris per conto di Play Boy, hanno messo in luce che la realtà dell’americano medio è rimasta immutata. Nonostante sogni avventure con bionde irresistibili, egli continua a vivere fra le quattro mura domestiche senza chiedere molto altro. L’apparente clima di libertà sessuale è soltanto una facciata culturalmente costruita sovrapposta su una vita quotidiana piatta, banale e conformistica.

I tre quarti della popolazione desidera il matrimonio monogamico e ha la vita famigliare quale massima aspirazione, essendo contrario alla coppia aperta. I cambiamenti scioccanti verificatisi secondo la stampa non hanno riscontro pratico, si riferiscono solo a forme esteriori e aspetti superficiali.

Proprio la irremovibilità delle concezioni sessuali conservatrici o addirittura reazionarie, la modalità sclerotizzata di vivere l’esperienza sessuale, l’incapacità di venirne fuori in maniera propositiva, fanno sì che l’industria pornografica sussista indisturbata e anzi sia sempre più florida.

Marcello Bernardi afferma che in fondo l’unico merito che può avere la pornografia è che stimola il desiderio e non lo placa, come fa invece la prostituzione. Eppure, stimolo-desiderio-meta sono in questo caso alienati. L’energia resa disponibile dall’eccitazione pornografica non può tramutarsi in spinta critica contro la repressione, anche perché non è possibile esprimere un erotismo effettivamente depurato da violenza, ruolizzazione e reificazione in automatico grazie alla sola coscienza.

Il dato di fatto della miseria e dello squallore della vita sessuale di massa rimane tale nel 99% dei casi. Pornografia e Prostituzione cooperano amorevolmente con la Morale negatrice del piacere naturale per mantenere intatta l’alienazione.

In questa S.p.A. spetta un posto anche al liberalismo scientista tipico della moderna sessuologia, esemplificato dalle enciclopedie e riviste dedicate.
Ovunque ormai ci si “scontra” col sesso: inchieste, dibattiti, conferenze, dossier, rubriche periodiche.

L’attuale Donna Letizia risponde a quesiti gastronomici e disfunzioni sessuali, quasi fosse in atto una enorme campagna pubblicitaria il cui slogan è “Sesso per tutti”. Una rivoluzione che da televisione, radio e giornali penetra nelle case sconvolgendo i sani genitori tradizionali, già tanto preoccupati per i capricci dei loro bambini. Un’ingiunzione a svelare, discutere, parlare, direbbe Michel Foucault.

Nonostante le apparenze, però, non si parla quasi mai di sessualità, né il sesso è davvero per tutti o fra tutti. Tale imponente interesse dei mass media fa parte di un programma ideologico ben preciso, una toilette firmata “liberazione” che occulta un progetto di controllo vecchio quanto il mondo.

La de-sublimazione proposta o analizzata dagli organi di informazione non è liberatoria, tanto è vero che non intacca le strutture sociali cardine, quali la famiglia e la coppia nucleare.
La propaganda magnifica le possibilità di armonia insite nella coppia erotizzata, perché alla crisi famigliare si supplisce con una manciata di erotismo.

La miseria sessuale è passata di moda, ogni famiglia che si rispetti e sia moderna deve riconoscere l’importanza di una salutare gestione del sesso tra coniugi. La “camera a gas” apre illusoriamente le finestre per una ossigenazione rigenerante che dovrebbe ringiovanire l’istituto famigliare e renderlo adatto a sopportare di tutto.

Erotizzando il rapporto di coppia è possibile nasconderne meglio le crepe, una perfetta intesa sessuale è l’ideale per una salutare vita coniugale e per dare al bambino (frutto di tale sintonia e di un’accurata scelta contraccettiva) un’atmosfera funzionale al suo sviluppo normale. È partita la gara per chi elabora la migliore propedeutica sessuale “pro familia”.

Riscoprire il corpo, l’erogenesi, studiare il metodo migliore per far l’amore: sembra il programma di un collettivo di liberazione sessuale, e invece non è così.
Anche da sinistra si inneggia alla fisicità e alla riscoperta della corporeità, non bisogna più temere il corpo, è necessario imparare a goderne, ma si capisce ben presto di cosa si tratta.

Così la possibilità di dare un colpo fatale all’eterocrazia familistica naufraga nelle pozzanghere di sublimazioni e desublimazioni perfettamente in grado di accordarsi con un Io repressivo. Nulla di fatto dal punto di vista della libertà del desiderio, ancora e sempre incatenato nella gabbia della coppia-famiglia. Bersaglio centrato al contrario dal punto di vista del controllo sociale.

Anche la Chiesa Cattolica è d’accordo oramai sull’utilità di una vita sessuale soddisfacente per rinsaldare il matrimonio. Si trattano scientificamente le turbe sessuali in modo che la coppia abbia basi più solide, si analizza lo sviluppo sessuale a partire dall’infanzia ai fini del futuro vincolo riproduttivo e coniugale (di cui la convivenza è una variante poco fastidiosa). Viene imposto un modello o un ideale, per giunta per i più quasi “rivoluzionario”, cui tendere nel caso di sfacelo troppo evidente.

Il messaggio ideologico è chiaro, perché trattare dal punto di vista medico le disfunzioni sessuali è dar mostra di liberalismo pur restando reazionari. Pure l’educazione sessuale tanto citata non è che maleducazione, come la chiama Marcello Bernardi.

Attraverso il duplice binario della biologizzazione e dell’angelicazione, da un lato si fa coincidere il rapporto sessuale con la funzione riproduttiva, rendendola analoga a quella animale e finanche vegetale; dall’altro lato si pone l’accento sulla necessità di un legame amoroso in senso tradizionale, sottolineandone la natura sociale. Che la sessualità sia essenzialmente desiderio di piacere viene sottaciuto per l’implicita deriva individualistica.

Il liberalismo in ambito giornalistico, pedagogico, scientifico è di fatto una messinscena talmente ben orchestrata da passare per realtà agli occhi dei più.

Qual è la visione del sesso del maschio tipico? Un deliquio quasi ridicolo, in fondo i maniaci non sono solo quelli delle pagine di cronaca, perché è maniacale la propensione per la cosiddetta “idea fissa”, il prezioso “triangolo magico”, “tesoro del mondo”.

Il carattere delle scritte sulla “figa” è manifestamente feticista. La vagina, il seno, le natiche sono feticci sui quali si fissa la libido maschile, essendo gli uni associati in automatico all’eccitazione del pene.

L’erezione del membro sinonimo di potenza virile è vincolata esclusivamente a dati caratteri e organi femminili predeterminati, creando un processo di feticizzazione che comporta blocco libidico.

I seduttori irresistibili, i fanatici della “scopata”, i tipi ossessivamente sicuri di sé appartengono al gruppo dei “fallico-narcisistici”, secondo la formula di W. Reich che ha sottolineato quanto essi soffrano di disturbi orgastici.

L’atto sessuale in tal caso è una maniera per dimostrare a se stessi di essere potenti, il pene viene usato quale organo di perforazione, l’atto è uno svuotamento seguito da reazioni di disgusto, la classica “chiavata”. Le fantasie sadiche investono e deviano il corso della penetrazione veicolando desiderio di vendetta e disprezzo per la femmina.

L’apoteosi della “figa” solo a torto e per superficialità può essere considerata una manifestazione, magari un po’ sfacciata, di interesse per le donne. Sarebbe una ben misera gratificazione per la donna vedersi riconosciuta come “buco” che il maschio utilizza per masturbarsi in compagnia quando si stanza di farlo da solo.

Gli uomini eterosessuali dicono “a noi piacciono le donne”, soprattutto per distinguersi nettamente dagli omosessuali, ma il loro bisogno non ha nulla a che fare con l’amore e per certi aspetti neppure con l'attrazione.

Questi burberi e violenti maschi tutti di un pezzo sono nani ingigantiti da artifici tecnici, la sicurezza ostentata nella scelta sessuale maschera una profonda insicurezza esistenziale, propria di chi è costretto a restare “minore” a vita.
Bambini attanagliati da una paura che non permette loro un abbandono spontaneo e li spinge per rassicurarsi ad aggrapparsi disperatamente al proprio ruolo e al conformismo sessuale.

Ancora Reich aiuta a leggere i pornograffiti grazie al concetto di “peste emozionale” sviluppata ne L’analisi del carattere: “Un organismo cui è stata tolta la possibilità fin dalla nascita della locomozione naturale, sviluppa forme artificiali di movimento” (armature caratteriali psichiche e muscolari).

La peste emozionale è una biopatia cronica dell’organismo che può passare dalla forma endemica a quella epidemica, come dimostrano le esplosioni cicliche di sadismo e criminalità, il fascismo a livello internazionale dal punto di vista politico e l’aggressività a livello quotidiano dal punto di vista relazionale.

L’irrazionalità che si nasconde dietro ogni attività sciale trova il suo nucleo di alimentazione continua nell’energia biologica libidica insoddisfatta. L’incapacità di raggiungere la soddisfazione sessuale favorisce lo sviluppo di impulsi secondari, in particolare di tipo sadico.

Il meccanismo della distruttività, sia sessuale che sociale, si alimenta della tensione provocata dall’ingorgo libidico, che cerca di aprirsi in ogni modo un varco nella corazza difensiva dell’Io.
Nei momenti in cui le norme morali e civili vengono indebolite si manifesta l’attacco come una improvvisa corrente elettrica, che tuttavia non ha la possibilità di sciogliere l’armatura perché non produce né vera scarica orgastica né consapevolezza razionale.

L’intenzione originale di amore libidico viene stravolta durante il processo di risalita dal profondo all’espressione manifesta, perché la corazza impedisce un flusso naturale e vengono mobilitate forze aggressive per forzare la rigidità del sistema. Il risultato sono violenza e distruttività immotivate.

La matrice dell’aggressività sessuale è proprio la disturbata capacità di soddisfacimento, sicché il maschio incapace di amare si comporta con brutalità e furia sadica. Un fenomeno pericoloso perché l’individuo trae piacere secondario e surrogatorio dai suoi comportamenti e quindi è inaccessibile a correzioni, rifugge dall’analisi e reagisce negativamente allo smascheramento dei reali moventi delle sue azioni.
Se il sadismo sessual-politico nasce dalla frustrazione libidica, lo stesso vale per il masochismo sessuale e sociale.

Il messaggio sessuale potrebbe essere d’amore, se non venisse tramutato in odio dalla repressione. Il problema sta dunque nel ritrovare l’Amore. Per questo Frank dice: “Non sognatelo, fatelo! Non sognatelo, siatelo!”.

Mattia Morretta (1979)