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BENE QUI LATUIT, BENE VIXIT

Affascina questa triangolazione dove Mattia Morretta, magicamente, fa specchiare una nell’altra due creature divise da un oceano e da questo rinate grazie alla traccia che hanno lasciato in lui. Le parole, dunque, come scia luminosa di due esistenze che radicano, sopravvivendo, in una terza. Non è quello che ogni scrittore sogna?

È un grande movimento onirico, un’impresa tipica dello “spazio potenziale”. Il valore culturale, transizionale, di una operazione di questo genere si muove spesso sul confine della “girandola del senso”. Morretta su questa girandola si libra in continuazione come un funambolo sulla rete che lo giustifica e lo protegge. Le libere associazioni partono dagli elementi biografici e critici come una corona di raggi, le citazioni spesso sono innescate dalle libere associazioni stesse, un mondo interiore prestato alle due Emily altrettanto consistente quanto quello donatoci da loro.

Morretta, malgrado colga le differenze, è affascinato dalle analogie tra le due scrittrici. Esse infatti sono numerose e tutte all’insegna della sottrazione. Partendo dalle voragini di vuoto infantile da riempire per la fragilità o l’assenza della figura materna e per la presenza di due padri dispotici, passando per la sottovalutazione del proprio genio imputabile alla arroganza maschile (sia in famiglia sia in società), le due maturano la consapevolezza che ben pochi tra i contemporanei sarebbero in grado di cogliere la modernità e l’importanza delle loro opere. A questo rimediano con un ulteriore sottrazione: la rinuncia a rendere pubblici i propri scritti per lo meno con il proprio nome.

Le vesti femminili con cui Dickinson e Bronte si presentano al mondo sono in gran parte responsabili dei disagi da affrontare. Ecco quindi, e in questo mostrano tutta la loro grandezza, che le due scrittrici si assestano su quella che Morretta chiama una “indipendenza nel ruolo di genere” dove ciò che rende vivibili i rapporti è mantenere la centralità dell’amore abolendone la ricaduta sul corpo.

“Adattate ad una condizione impossibile, sono disposte a decadere nel soma per crescere nell’anima”. Se il corpo, quindi, non può dare frutti, li darà lo spirito. “Lasciare dietro di sé qualcosa che vale, è fare l'amore con l'umanità".

Così, all’unisono, le due Emily possono realizzare la predizione di Ovidio: “VIVAM” (VIVR0’).

Caterina Galizia, Rivista Leggere tutti, Ottobre 2021