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I discorsi del corpo: una narrazione senza parole

È raro incontrare persone che non manifestino qualche problema di accettazione fisica o di integrazione corporea. Nel modo con cui ci muoviamo, tocchiamo, facciamo l’amore, si esprime la storia del nostro adattamento al mondo esterno e interno a partire dall’infanzia. Una vicenda che mescola punizioni e carezze, proibizioni e permessi, godimenti e dolori.

Ciascuno sviluppa una “corazza” muscolare e caratteriale per difendersi da esperienze spiacevoli (emozioni, sensazioni, azioni) e ottenere comunque una certa gratificazione. Inibizioni e blocchi realizzano nel corpo campi di concentramento, fronti di guerra e territori di neutralità, il più delle volte sconosciuti all’individuo stesso.

Attraverso un lavoro appropriato sul vissuto corporeo e grazie all’acquisizione di consapevolezza del proprio essere sul piano fisico è tuttavia possibile mitigare l’influsso dei condizionamenti trascorsi e attuare via via un’armonizzazione della personalità. Il corpo goffo, impacciato o rigido, vissuto come sgraziato o messo da parte, esibito ma artificioso, diventa ricco di significato e può scoprire un patrimonio di risorse e benessere.

Conoscersi

Osservare le diverse parti del corpo, prestare attenzione a quali zone siano privilegiate e quali tabù, individuare il tipo di rapporto tra le funzioni parziali, sono alcuni degli strumenti a disposizione per riappropriarci di noi stessi e ricercare un nuovo equilibrio. Qualche indicazione generale può risultare utile.

Per esempio, una delle funzioni più bloccate in genere è quella alto-basso. Gli spostamenti dell’energia dall’alto verso il basso e viceversa sono di solito ridotti o resi impossibili da vere e proprie barriere di carne. La cultura ha sempre rinforzato l’opzione per le parti alte, attribuendo valore e priorità alla “testa” e allo spirito rispetto alle regioni inferiori, associate a emozioni e appetiti “animali”.

I meccanismi di controllo razionale e intellettuale sono favoriti e premiati in quanto permettono di conquistare il successo sociale e danno l’idea di un perfetto dominio sulla vita. L’eccesso di controllo, però, impedisce di lasciar vivere in se stessi sentimenti ed emozioni, crea un divario o talora un baratro tra i vari aspetti della personalità, uno stato che prima o poi viene pagato in termini di disturbi somatici e di disagio psicologico.

Tutto è programmato e calcolato in base a criteri apparentemente razionali, che invece rischiano di diventare sempre più irrazionali perché slegati dal vissuto interiore. Il piacere di essere e sostituito dal dovere di riuscire, al punto che pure il desiderio per sussistere ha bisogno di uno sforzo di volontà perdendo il suo carattere di spontaneità.

Il fatto è che la valorizzazione del controllo finisce per erotizzarlo e quindi per produrre di per sé una forma di godimento perverso. Può essere importante allora acquisire coscienza dei blocchi emozionali e corporei che vietano il rilassamento e il passaggio fluido tra le aree del corpo e della personalità.

Molto spesso è la nuca una zona privilegiata di blocco, a causa della paura di “perder la testa” che porta a creare uno sbarramento nel punto di passaggio fra il capo e il resto del corpo. In questi casi è possibile ricorrere ad esercizi di relax e fiducia in se stessi che permettono di imparare a spostare l’energia verso il basso.

Analogamente è sovente alterato il rapporto davanti-dietro, cioè tra le regioni anteriori e posteriori. L’educazione dà valore al contatto faccia a faccia nel sociale e alla “frontalità” nell’ambito sessuale, anche in relazione alla accentuazione delle differenze genitali tra i due sessi. La parte posteriore del corpo è associata a significati di opposizione, di fuga o di sottomissione. Per molti la schiena e le natiche sono punti di vulnerabilità e perciò tenute sotto controllo oppure scotomizzate.

Altri al contrario erotizzano soprattutto queste zone a scapito di quelle anteriori sentite come più pericolose o connesse a sensazioni di disagio. Così si può trovare a livello dell’una o dell’altra parte l’incarnazione di un blocco psichico.

Con l’esercizio di “ping pong” si mettono in evidenza le difficoltà nel lasciarsi andare in avanti e/o all’indietro e quindi alcuni conflitti legati al grado di fiducia negli altri specie nella sessualità.
Il soggetto viene invitato a oscillare avanti e indietro in mezzo a due persone, tenendo i piedi uniti e gli occhi chiusi mentre si affida alle braccia dei due assistenti. Per qualcuno può essere un gioco innocente e divertente, per altri può dare adito ad angoscia o ad un timore di natura erotica.

Il timore di abbandonarsi in avanti è collegato a preoccupazioni riguardanti il sesso, in quanto l’avvicinamento all’altro può prendere un carattere erotico vissuto come sconveniente o pericoloso.

La paura dell’abbandono posteriore è di solito maggiore, soprattutto a causa della perdita del contatto visivo per noi determinante. Emergono sensazioni arcaiche circa l’ignoto e l’assenza di controllo; il pericolo, infatti, viene sempre associato alla dimensione dello sfondo: la minaccia proviene da dietro.

Un’altra funzione bloccata è quella dentro-fuori. Si attua una specie di polarizzazione della personalità alla superficie o in profondità, rendendo difficile lo scambio tra esse.

Alcuni erotizzano l’esterno del fisico e mostrano una apparente facilità di contatto con gli altri. Utilizzano l’immagine estetica di un corpo ben vestito e ben fatto per sedurre e conquistare. Tuttavia, tale superficie è spesso una barriera sotto forma di maschera che copre i veri problemi collocati all’interno.

A rovescio, vi sono persone che si sentono sicure solo interiormente e hanno grande pudore a socializzare il corpo, che a volte si configura come una paura di sedurre associata a sensi di colpa circa l’utilizzo della fisicità.
In questo caso si fatica a vivere con semplicità la nudità e gli elementi estetici non sono integrati nell’idea di sé.

Grazie a esercizi specifici (in particolare massaggi) è possibile intervenire per aiutare l’individuo a ristabilire una migliore geografia corporea e un rapporto elastico fra interno ed esterno.

La struttura del corpo vivente

Nel corpo possiamo riconoscere la sovrapposizione di tre strati cui sono legati specifici vissuti e blocchi.

Il primo è quello della pelle, quindi del tatto e della sensorialità. Oltre alle sue funzioni fisiologiche, la pelle è un vero e proprio organo di comunicazione, nonché un filtro di scambio a volte più raffinato del linguaggio verbale.
Il contatto corporeo, del resto, è un bisogno fondamentale ed elementare, tanto che nell’infanzia può essere ancora più importante del cibo.

In genere la vicinanza e la tenerezza costituiscono una eccellente via di accesso all’intimità e alla sessualità. Alcuni però trovano problematico e complicato l’approccio fisico o addirittura di ostacolo all’erotismo. Così può essere più facile fare sesso che toccare e accarezzare o farsi toccare.

Per altri la pelle può essere sede di sensazioni troppo forti, quasi incontenibili e incontrollabili, per cui cercano di evitare o espellere subito questo materiale fonte di disagio, impedendosi di sviluppare una effettiva sensorialità.

Per altri ancora la pelle può essere più spessa di quella di un elefante, proprio per corazzarsi contro l’esterno e non far uscire qualcosa da dentro.
Non manca chi riesce a sentire se stesso e i propri confini solo grazie a sensazioni sgradevoli o dolorose (masochismo).

Il secondo strato è quello della muscolatura, quindi della motricità. L’energia è quasi sempre incatenata in alcune zone specifiche cariche di significato simbolico inconscio.

Lo stereotipo dell’uomo mezzo-busto è piuttosto diffuso: per salvare la faccia e le apparenze, viene frenata la respirazione e l’energia fatica a passare verso il basso. La motricità è a volte bloccata per l’inconscia paura della violenza che potrebbe sprigionarsi dal corpo. Allora è necessario comprimere e segregare le emozioni interiori in regioni inaccessibili. Ogni gesto e movimento risulta inibito e rigido, il che non fa che aumentare il bisogno di “scarica” e potenzialmente l’aggressività.

Al contrario la coscienza delle possibilità di espressione attraverso la motricità aiuta a comprendere che l’aggressività è importante e benefica, manifestazione di energia positiva e non di distruttività.
Lo scambio fisico “aggressivo” permette inoltre di accorgersi che noi non siamo tanto deboli quanto pensiamo oppure che l’altro non è fragile come l’immaginiamo. Si può “litigare” senza distruggersi.

Il terzo strato è quello dello scheletro, quindi della stabilità. La nostra postura, il modo in cui stiamo dritti o teniamo in posizione gli arti, sono indici del senso di valore personale e di equilibrio interiore. Notiamo le spalle cadenti o fissate verso l’alto, il bacino spinto all’indietro, le gambe tese, i piedi che non aderiscono al suolo, eccetera. Ognuna di queste “prese di posizione” dice qualcosa della nostra storia e del nostro presente.

È anche vero che a volte continuiamo a mantenere un certo stile di portamento legato a conflitti o esperienze spiacevoli, pur quando potremmo ormai permetterci altre modalità e altre “figurazioni”.
La postura incide molto su come ci si sente e si avvertono i sentimenti. Pertanto possiamo influire sull’atteggiamento scheletrico ricavandone modificazioni anche nell’atteggiamento mentale ed emozionale.

Il potere di cambiamento

L’interesse accordato al corpo, in un’ottica non consumistica o puramente edonistica, ci consente di individuare molti degli impedimenti radicati a livello fisico che provocano sofferenza o disagio. La scoperta dei punti di fissazione, delle zone in ombra, dei luoghi del silenzio e di quelli del clamore, ci mette al contempo in condizione di modificare quanto ci costringe ad un’esistenza dimezzata e in parte estraniata.

Così è possibile proporre al corpo nuove regole energetiche fondate sulla consapevolezza e sulla libertà di espressione. Esso riprende a poco a poco vita, le tensioni muscolari trovano un senso, riemergono emozioni e sentimenti spesso dimenticati, tornano alla luce ricordi di vicende trascorse (dolorose e piacevoli).

Il recupero dell’integrità rinforza il narcisismo e offre basi solide all’identità personale, garantendo un buon livello di autostima e fiducia in se stessi. Ne deriva un miglioramento complessivo del modo di vivere e relazionarsi, in quanto risorse fresche sono a disposizione per comunicare con gli altri, compreso il piano sessuale.

La sicurezza in tal caso è qualcosa di vitale e autentico, non una caricatura originata da censure e compensazioni fittizie. Emozioni, sentimenti, sensazioni e debolezze possono venire accolti e compresi, almeno in linea generale, apportando un prezioso contributo al processo di crescita personale.

In fondo è come “rinascere”, poiché viene ripercorso lo sviluppo naturale dell’infanzia, passando dall’esperienza corporea (vissuta e poi capita) per arrivare a strutturare un’identità e un linguaggio a più dimensioni, in cui il cambiamento è una concreta opportunità e non un’inutile illusione.

Mattia Morretta (versione originale per International Press, 1988)