Salute mentale e prevenzione, 2005
6 Ottobre 2014
Contenuti ed interventi psicologici nei Centri HIV/MTS, 2006
6 Ottobre 2014

La sessualità invisibile tra salute e malattia
Corso di Aggiornamento ASL Milano, Novembre 2006

"Per la città s’aggira il peccato
e vanno le lacrime dei dissoluti"
(B. Pasternak, Primavera, 1915)

La Linea telefonica dedicata HIV/MTS e gli interventi nell’area della salute mentale

Contesto socioculturale

La sessualità è considerata da tempo in tutto il mondo occidentale un tratto distintivo dell’identità (fattore di identificazione sociale) e un patrimonio attribuito in gestione a ciascuno (con diritto e dovere d’uso).

In un’epoca dotata di conoscenze scientifiche inimmaginabili nei secoli precedenti appare ancor più stridente il contrasto con l’atteggiamento corrente riguardo al sesso, connotato da superficialità e primitivismo. L’atmosfera globale di consumismo edonistico, infatti, non favorisce la valutazione della sessualità nella sua interezza (in quanto comportamento umano complesso), perché la semplifica e alleggerisce fino ad impedire di intenderne la problematicità, mancando persino le parole per entrare nel merito e in profondità.

Paradossalmente, la comparsa dell’Aids ha coinciso con il declino del discorso sociale sulla questione sessuale, poiché dagli anni Ottanta non si è più parlato in proposito di “responsabilità” e “consapevolezza”, prevalendo un’attitudine ideologica volta alla liberalizzazione e al permissivismo ad oltranza, i cui riflessi coinvolgono la stessa saggistica sull’argomento giunta sin quasi all’inconsistenza culturale.

Nel volgere di due decenni è venuta meno la ragion d’essere della fatidica e dibattuta “educazione sessuale”, e persino i tecnici della salute, ultimi epigoni in scala (molto) minore degli antichi fautori e maestri di vita, sono stati a loro volta destituiti da maghi del salutismo e da potenti tutori del benessere di massa (televisione, rete web, organi di stampa, manuali divulgativi, mercato economico).

Del sesso viene presentato solo il volto gradevole e appetibile (piacere, gioco, divertimento, gratificazione). L’altra faccia viene negata o rimossa, scotomizzata al punto di non vedere collegamenti tra la spinta alla generale dis-inibizione pulsionale e le sequele della facilitazione delle interazioni sessuali (oltre all’Hiv, moltiplicazione del numero di infezioni veneree e dei danni della funzione riproduttiva, crisi dei legami su base volontaria), nonché l’erotizzazione dell’aggressività e i fenomeni di imbarbarimento o destrutturazione (stupri in branco, violenze private etero-sessuali, diffusione mercificazione del sesso, pillola del day after, maternità in adolescenza, infanticidi, cosiddetta pedofilia, baby gang, sette sataniche, etc.).

Il sesso “libero” nell’opinione comune, infatti, è un bene e non può nuocere; quindi non si ritengono necessarie cautele, barriere, vere e proprie difese fisiche e psichiche (vi sono guide al godimento, non alla continenza o alla moderazione).

In parallelo, gli interrogativi sul dolore, la malattia e la morte sono espulsi dall’esistenza ordinaria e confinati ai margini della coscienza individuale e collettiva, anche grazie alle conquiste farmacologiche e tecnologiche che fanno credere nel controllo onnipotente di ogni avversità.

Tale retroterra ha contribuito a fare di una epidemia numericamente contenuta quale l’Aids una sorta di spettro perturbante, un nodo critico (gordiano) nel quale sono ri-assunti elementi antropologici ancestrali e significati epocali grazie alla convergenza di tematiche altamente evocative (sangue, sesso, contaminazione, colpa, diversità, mortalità).

Proprio la valenza simbolica dell’Aids ha prodotto attivazione di individui e gruppi, ben al di là dei soggetti più esposti, determinando flussi di utenza verso le strutture sanitarie con una domanda informativa e di aiuto, per quanto confusamente.

Si è pertanto venuto a creare un ambito specifico per le conseguenze organiche e psicologiche dell’esercizio del sesso, con la possibilità, almeno teorica, di operare in senso preventivo ed educativo, pur in assenza di chiare prospettive e finalità.

Sullo sfondo di un contesto tanto composito e disordinato si collocano i rinnovati servizi per le infezioni a trasmissione sessuale, il cui oggetto sostanziale, al di là delle variabili epidemiche contingenti, è il legame tra sessualità e malattia, di cui l’Aids è per così dire un epifenomeno e le MTS soltanto la manifestazione biologica (i Consultori Familiari ne sono il contraltare sul piano del legame tra sessualità e procreazione).

In essi va in scena il dramma di una sessualità invisibile, sia come volto segreto e privato (scabroso, oscuro, morboso) del sesso sia come rivelazione di quel che pure abbiamo continuamente sotto gli occhi e non vediamo per cecità intellettuale o morale.

Prescindendo dai modelli operativi e organizzativi, il clima di depotenziamento della domanda, a vantaggio di risposte facilmente fruibili ed universalistiche, condiziona e limita pesantemente qualsivoglia tentativo di instaurare un dialogo sullo stile di vita sessuale, incoraggiare la responsabilizzazione, promuovere la prevenzione delle patologie e una salute psicosessuale rispettosa della dignità umana.

Aids, sessualità e salute mentale

Gli ambulatori per le infezioni sessuali sono stati e sono reputati “sanitari” in senso restrittivo, pur intervenendo su una materia delicata con importanti implicazioni psicologiche e relazionali. L’impatto dell’Aids sulla comunità (specialmente tra il 1985 e il 1995) ha indotto risposte istituzionali più articolate e comprensive di bisogni non puramente somatici, tuttavia senza sufficiente inquadramento metodologico a causa della limitata espansione dell’epidemia e delle caratteristiche sociologiche dei gruppi più colpiti (tossicodipendenti e maschi omobisessuali).

In pratica a partire dal 1987 sino alla metà degli anni Novanta la maggior parte degli interventi psicologici ha riguardato soggetti con diagnosi di Hiv/Aids e loro congiunti ed è stata realizzata in ambito sociale, cioè nelle Associazioni di volontariato e di privato sociale, soprattutto mediante iniziative di gruppi di sostegno e auto-aiuto o con terapie individuali. Il trattamento dei casi psichiatrici di Hiv/Aids e di pazienti affetti da Aidsfobia ha preso avvio alla fine degli anni Ottanta negli Ospedali Niguarda e Policlinico, ai quali si è poi aggiunto il Centro San Luigi (San Raffaele).

A livello di servizio pubblico territoriale, è possibile tracciare la seguente cronologia di attività pertinenti dal 1987 al 2006:
1) Prima fase 1987/1992: Contenimento informativo grazie al servizio telefonico del Comune di Milano poi ASL (Centralino AIDS): utenza di pazienti cosiddetti preoccupati sani (Aidsfobia) e di Hiv positivi con disadattamento;
2) Seconda fase 1993/1996: Assistenza e sostegno con colloqui telefonici e di persona presso l’Ambulatorio Patologie Emergenti di Piazza XXIV Maggio e il CEOS dell’ASL Città di Milano: utenti Hiv positivi/congiunti e in minor misura soggetti con Aidsfobia;
3) Terza fase 1996/2002: Consulenza e sostegno con colloqui personali e telefonici presso il NOPA di Via Fiamma: varie tipologie di utenti con disagio espresso nella vita sessuale (partner di Hiv pos., giovani donne con difficoltà relazionali, maschi omobisessuali con problemi di accettazione o di promiscuità, maschi eterosessuali con rapporti mercenari), nonché casi di Aidsfobia;
4) Quarta fase 2003/2006: Contenimento e consultazione tramite Linea dedicata presso Polo Zonale MTS di Viale Jenner: crisi emozionale (patofobia, ossessività, disturbi somatoformi) e problematiche di comportamento/orientamento sessuale (maschi omo e bisessuali, maschi eterosessuali più esposti a rischio venereo, partner di Hiv).

Negli ultimi anni, con l’esaurirsi della domanda espressa dagli Hiv positivi, l’osservazione si è spostata al vasto campo della prevenzione primaria, utilizzando la proposta di confronto intorno al nodo della responsabilità personale per trattare sia gli agìti inconsapevoli (condotte imprudenti o pericolose, intenzionali o preter-intenzionali, per lo più sullo sfondo di personalità vulnerabili o deficitarie) sia i timori irrazionali (in soggetti con disturbi d’ansia, umore e personalità).

L’elemento di urgenza dei vissuti di parte dell’utenza (reazioni di allarme ad eventi percepiti quali minacce per la salute), ha determinato la predominanza di risposte di tutela e appoggio rispetto all’offerta di approfondimento delle tematiche psicosessuali.

Tale constatazione ha portato a ridefinire e riqualificare la Linea telefonica dedicata quale strumento di lavoro al contempo medico e psicologico, un ambito di ascolto attivo per le molteplici forme di malessere convergenti sull’argomento della malattia nella sfera sessuale.

Si è puntato in tal modo a rendere fruibile una risorsa tecnica in un’area di confine tra fisiologia e patologia del comportamento sessuale (durante la ricerca di informazioni o accertamenti), più vicina alla vita vissuta, e sul fronte della espressione più immediata e spontanea del disagio mentale.
L’impostazione psicoeducativa del servizio consente di spaziare dalla divulgazione sanitaria alla psichiatria sociale.

Storia interventi psicologici

La presenza di uno psichiatra nell’équipe della linea telefonica pubblica sull’Aids, sin dalla sua istituzione nel 1987 (benché non per precisa scelta strategica degli enti), ha reso possibile un approccio informativo attento agli aspetti psicologici e orientato verso l’individuazione dei bisogni emotivi dell’utenza.

Dopo il trasferimento del Centralino AIDS presso l’Ambulatorio Patologie Emergenti di Piazza XXIV Maggio, nel novembre del 1992, si è via via consolidata la prassi di ricorrere allo psichiatra per colloqui supplementari vis à vis di contenimento in situazioni di crisi (post-diagnosi di Hiv, Aidsfobia, ansia in attesa del referto), sostegno da breve a lungo termine a pazienti Hiv positivi noti e loro partner/familiari, anche su invio dall’esterno (ONG, Ospedali e altri Centri Screening, Ser.T), consultazione per omo e bisessualità.

Negli stessi anni è stata offerta possibilità di consulenza ad operatori con varie professionalità e a vario titolo interessati all’Aids (compresi studenti universitari di psicologia per tesi di laurea). Dal 1993 al 1997 è stata inoltre tentata un’originale esperienza di educazione sanitaria nelle scuole medie superiori, che ha coinvolto i medici scolastici e i docenti degli istituti interessati, dando luogo a tre pubblicazioni e una conferenza tematica (AIDS conoscenze, atteggiamenti e comportamenti tra i giovani, 1993; L’età dell’incoscienza, 1995; Lezioni di vita, 1997).

Nel maggio 1996 con l’istituzione del Nucleo Operativo Prevenzione Aids sono state per la prima volta inserite in organico tre psicologhe (a tempo parziale) provenienti dal preesistente servizio destinato all’assistenza degli Hiv positivi non tossicodipendenti (CEOS, attivato nel 1994). Di fatto una sola psicologa è stato presente in modo continuativo, per altro impegnata part-time in un centro ASL di terapia familiare sino al 2000. Interventi psicologici formalmente definiti sono stati attuati perciò unicamente nel quinquennio 1998/2002, gestiti in collaborazione tra la psicologa dipendente e lo psichiatra convenzionato del Centralino AIDS

Negli anni 1998 e 1999 è stato realizzato un progetto centrato sulla popolazione più direttamente colpita dall’infezione da Hiv (partner e familiari), che ha coinvolto 240 soggetti (di cui 47 Hiv positivi) ed è stato documentato con un saggio pubblicato dall’ASL nel corso del 2000 ( Legami a rischio – Uno studio sulla vita affettiva e sessuale nelle relazioni con soggetti Hiv positivi, a cura di Claudia Donvito e di Mattia Morretta).

Tra il 2000 e il 2001 è stato fatto un tentativo di analisi metodologica e di classificazione delle tematiche trattabili che ha prodotto delle linee guida e una bozza di protocollo operativo per il servizio nel frattempo rinominato Centro di Riferimento Hiv.

Durante questo percorso, insieme speculativo ed empirico, accanto al vero e proprio invio psicologico, sono stati introdotti colloqui definiti di post-test mirato per condizioni risultate difficilmente trattabili dal personale sanitario durante la discussione dei casi in équipe. È stata sperimentata una gestione dell’aiuto specialistico, che ha portato psicologo e psichiatra sul fronte dello screening per tentare una valutazione del bisogno (ben distinto dalla richiesta e dalla domanda) e una osservazione diretta dei soggetti con disagio psichico o relazionale.

La scelta di andare verso gli utenti ha consentito fino ad un certo punto di utilizzare le competenze tecniche per fasce più estese e diversificate di popolazione, con più elevata probabilità di efficacia, tenendo conto della fugacità del contatto con la struttura.

In effetti, fino al 2002 la proporzione di persone che ha parlato con una figura psicologica è stata molto elevata per un Ambulatorio di primo livello: in media 1 su 8 di coloro che si sono rivolti al NOPA.

Va sottolineato che nel 50% dei casi, dopo il primo incontro non si sono verificati i presupposti per procedere; l’indagine è servita piuttosto a calibrare l’approccio sanitario, escludendo la riproposizione di ulteriori confronti (vuoi per rispettare tempi e difese dei singoli vuoi per la complessità implicita nel colloquio psicologico). D’altronde, il Progetto Congiunti ha mostrato quanto sia ingiustificato l’impiego indiscriminato di risorse per il gruppo più a rischio per definizione, cioè i partner di Hiv positivi (il sostegno vero e proprio ha coinvolto meno del 10 % dell’intero campione per la refrattarietà e l’indisponibilità degli interessati).

Sono sette le aree problematiche affrontate nel NOPA/CRH:
1) Hiv positività (soggetti con diagnosi e partner/congiunti) (25%)
2) Sfera relazionale (legami patologici, fallimenti, dipendenza) (24%)
3) Condotta sessuale (rapporti mercenari, promiscuità, contatti con individui più a rischio) (17%)
4) Disagio/disturbo psichico (15%)
5) Orientamento/identità sessuale (omobisessualità, egodistonia, narcisismo) (14%)
6) Minorenni (3%)
7) Disturbi sessuali (2%)

L’istituzione del Polo Zonale MTS ha determinato la trasformazione radicale della modalità di lavoro del CRH. La volontaria sospensione dall’incarico della psicologa dirigente e il trasferimento dello psichiatra convenzionato presso il Centro Direzionale di Viale Jenner, quale addetto e coordinatore della Linea HIV/MTS, hanno comportato a partire dal mese di marzo del 2003 la cessazione in pratica dei colloqui personali e la formalizzazione della consultazione specialistica tramite telefono, anche su invio e indicazione del personale degli Ambulatoriali MTS, tuttora in sperimentazione.

In seguito i problemi di gestione del rapporto con l’utenza sono stati affrontati parzialmente con la consulenza al personale interno da parte dello psichiatra, individualmente e tramite una riunione periodica di discussione casi (2004 e 2005)

Centralino Aids e Linea dedicata Hiv/MTS

Storia

La Linea dedicata è in diretta continuità con lo storico servizio denominato Centralino AIDS, istituito il 15 marzo del 1987 dal Comune di Milano alcuni mesi prima del Telefono Verde dell’Istituto Superiore di Sanità. La titolarità nel 1990 è passata alle USSL territoriali poi riorganizzate in Azienda Sanitaria Locale Città di Milano.

Per i primi cinque anni (1987-1992) il Servizio ha avuto una specifica sede presso l’Ufficio d'Igiene di Via Statuto, mentre nei quattro anni seguenti (1992-1996) è stato collocato all’interno dell’Ambulatorio Patologie Emergenti di Piazza XXIV Maggio, realizzando una prima forma di integrazione tra gli interventi di screening e quelli telefonici. Il funzionamento dal marzo 1987 al marzo 1996 è rimasto invariato a 43 ore settimanali, con 8 ore al giorno dal lunedì al venerdì (dalle 12 alle 20) e 3 ore il sabato mattina (dalle 9 alle 12).

Il Centralino ha fatto parte del COAM (Centro Operativo AIDS del Comune di Milano) fin dalla sua istituzione nel 1992 e partecipato al relativo tavolo di Coordinamento cittadino degli enti pubblici e di privato sociale per l’Aids, contribuendo all’edizione di una serie di Quaderni di Documentazione, uno dei quali mirato all’analisi del sistema informativo sull’infezione da Hiv a Milano.

Nell’aprile del 1996 è stato costituito il Nucleo Operativo Prevenzione AIDS con sede in Via Fiamma, al cui interno sono confluiti tutti i servizi residui tra quelli sino a quel punto attivati in ambito ASL per l’Aids. A tale epoca risale la contrazione e la anticipazione dell’orario del Centralino, con cessazione del turno del sabato e apertura giornaliera dalle 10 alle 16 per un totale di 30 ore settimanali.

Nel marzo del 2003 nel Polo Zonale MTS di Viale Jenner è stato ricreato uno spazio telefonico specifico, espressamente dedicato alla comunicazione sociale sulle infezioni sessualmente trasmissibili e sull’intimità sessuale.

Ciò ha consentito un lavoro organico su bisogni ben definiti, nei termini di una vera e propria consultazione specialistica a distanza in caso di disagi o disturbi mentali espressi con preoccupazione per lo stato di salute in correlazione, diretta o indiretta, con rischi di contagio Hiv/MTS, ovvero di problemi nella sfera del comportamento sessuale sia dal punto di vista sanitario che dal punto di vista psicologico.

La denominazione Linea HIV/MTS è stata adottata per tener conto della nuova configurazione della Unità Operativa e della ri-attribuzione dell’Hiv alle Infezioni a Trasmissione Sessuale. Il personale addetto è stato ridotto a due unità a tempo parziale (assistente sanitaria e psichiatra) e l’orario fissato tra le 10 e le 15 dei giorni feriali (25 ore settimanali), con l’intento di sottolinearne la particolarità (possibilità di parlare in una fascia centrale e in giorni prefissati di questioni inerenti la sessualità – promuovendo l’organizzazione della domanda da parte del chiamante).

Il percorso del Servizio è di fatto parallelo all’evoluzione dell’impronta dell’Aids sull’immaginario collettivo e sul sistema sanitario, cioè delle sue concezioni/interpretazioni da flagello epocale a fenomeno sociale e infine a patologia controllabile nel novero delle infezioni sessuali.

Si possono distinguere quattro grandi fasi con relative funzioni:
1) 1987-1991: Risposta all’allarme collettivo (“psicosi dell’Aids” e “peste del XX secolo”) e informazione non differenziata (generalizzata). Priorità: definire fonti di riferimento autorevoli e attendibili per fornire messaggi equilibrati e basati su dati certi; favorire accesso ai servizi (diagnosi) da parte dei soggetti a maggior rischio; contrastare reazioni scomposte e patofobiche nella comunità. Domande prevalenti: modalità trasmissione del virus, sintomatologia; accertamenti centri sanitari; preoccupazioni irragionevoli e angosce di morte (psicosi gravi).

2) 1992-1996: Informazione puntuale e ascolto mirato. Ridimensionamento clamore mediatico; risposte istituzionali, normative, sanitarie, assistenziali; espansione ONG (gruppi auto-aiuto/elaborazione sociale del lutto). Priorità: re-informazione e appoggio per soggetti a rischio, Hiv positivi e congiunti; sostegno per crisi emozionali in individui psicologicamente fragili. Contenuti prevalenti: rischio pratiche sessuali, orientamento ai servizi e ai trattamenti, timori immotivati.

3) 1997-2001: Approfondimento informativo e contenimento psicologico per gruppi/soggetti vulnerabili. Crollo interesse mediatico Aids; diminuzione mortalità e casi malattia, efficacia terapie Hiv; riduzione ruolo ONG e richieste di aiuto non sanitario da parte di Hiv positivi e congiunti; estensione attenzione al rischio nei rapporti eterosessuali; maggiore evidenza del fenomeno di fissazione culturale dell’Aids quale oggetto fobico di natura psicosociale. Contenuti prevalenti: trasmissione sessuale, centri per il test e la cura, Aidsfobia e paure iirazionali.

4) 2002-2006: Informazione e consultazione su aspetti sanitari e psicologici dei comportamenti sessuali. Ridefinizione complessiva delle condotte a rischio e delle patologie veneree (Hiv infezione tra le altre con ruolo di traino e di stimolo alla presa di coscienza); esplicita connotazione del timore dell’Hiv come venereofobia moderna per soggetti con disagi e disturbi psichici (più esposti e sensibili alle valenze inconsce della sessualità e ai significati culturali dell’Aids); offerta di approfondimento problematiche sessuali, in particolare del sesso maschile (omobisessualità, rapporti mercenari). Contenuti prevalenti: rischio sessuale, servizi sanitari per HIV/MTS, patofobia, problematicità vita sessuale.

Mattia Morretta (2006)