Omosessualità e Hiv
6 Ottobre 2014
Psicologia dell’esperienza omosessuale
6 Ottobre 2014

Il problema dell’omosessualità maschile. Applicazione di modelli integrati (psicoanalitici e behavioristici) all’elaborato di un gruppo di autoanalisi
Anno Accademico 1981-1982, Università degli Studi di Milano, Facoltà di Medicina e Chirurgia, 1 aprile 1983

Presentazione

Il presente lavoro prende avvio dall’intenzione di soddisfare due esigenze. Da un lato, voler-aver (in fondo) qualcosa da dire che appartenga all’ordine della Verità, quella verità che attraversa il linguaggio e che può dirsi solo a metà (“Dico sempre la verità: non tutta” Jacques Lacan). D’altro lato, realizzare una sorta di antroposcopia libidico-sentimentale dell’omosessualità, in cui la conoscenza sia anzitutto conoscenza di una persona prima di essere conoscenza di un oggetto.
Sulla base di questa “maieutica dell’attenzione all’altro”, che comporta di necessità una critica del pre-giudizio operante in molti studi sull’argomento, si muove il tentativo di articolare una parola scritta nata dall’ascolto, che non sia sempre e soltanto trasmissione edulcorata di una parola udita, bensì qualcosa che apra e mantenga una beanza in cui si inseriscano il non-detto e la possibilità di continuare a dire.

Così, accanto ad una sezione (in sé già segnata da sottolinature-parentetiche-virgolette) dedicata agli scritti di numerosi autori, primo fra tutti Freud, si dipana un lungo colloquio con accenti di dibattito e confessione in cui un gruppo di giovani omosessuali (si) parlano, (si) raccontano, (si) dicono a proposito di dinamiche familiari, sessualità, senso di inferiorità, identità e identificazioni, femminilità, amori.
Sono i partecipanti ad un Collettivo che negli scorsi anni ha sviluppato il faticoso discorso della circolazione dell’esperienza personale collegandosi al dettato delle scienze psicosociologiche.
Progetto quello di “organizzare una spedizione per esplorare il banale”, servendosi della Parola per ricercare una verità interindividuale omogeneizzante.

Si tratta, in ultima analisi, di una “associazione differenziale” in cui sospendere il peso della angoscia della diversità. Tentativo di creare uno spazio rassicurante e protettivo in cui la necessità scandalosa di difendersi sia messa da parte permettendo l’emergere di una parte delle fobie, dei bi-sogni, dei desideri, senza il timore di “perder la faccia”.
Più difficile ancora, cercare di far emergere l’attitudine ad amare-amarsi fra omosessuali che hanno imparato casomai solo ad odiare-odiarsi.

Il materiale presentato è solo parte di quello raccolto, ma indicativo e scelto per permettere un parallelo tra le teorie degli studiosi e l’elaborato dei partecipanti al gruppo.
Nella sezione terminale, le conclusioni cedono il posto alle considerazioni riassuntive in cui solo alcuni elementi rilevanti (“in rilievo”) vengon ripresi e, dove possibile, annodati in un prospetto interpretativo personale tendente più a “mostrare” che a dimostrare.

Si sottolinea l’importanza delle problematiche relative alla identificazione con la figura materna e alla soluzione del complesso di evirazione alla luce del significato e della funzione strutturante del Fallo.
Un accento è pure posto sui fenomeni di disadattamento emotivo, oltre che esistenziale e sociale, collegati al sentimento di inferiorità e inadeguatezza, all’apragmatismo nei rapporti affettivi/sessuali e al Non Conformismo al Genere.
Si evidenzia inoltre la possibilità di distinguere tra omosessualità, come comportamento e attività sessuali, e omoemozionalità, come percezione particolare di sé e come sensazione di  diversità emotiva.

Una conclusione che sia davvero tale può essere mutuata dalla grande lezione di H.S.Sullivan: "Siamo sempre tutti soprattutto umani”.

Mattia Morretta (1983)